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Un cavallo per Matteo Renzi

Tempo di giravolte in politica. Matteo Renzi fa quasi tenerezza, si affanna a far filtrare ai fidi retroscenisti quello che sussurra ai "suoi" pur di riuscire nell'impresa di votare prima possibile. E quindi concede, smussa, indietreggia. Da quando ha perso la battaglia della vita con il referendum, le sue truppe vagano smarrite e impaurite.

Così non passa giorno senza che qualcuno dei "suoi" si sganci, precisi, si riposizioni... Chi resta al suo fianco all'interno del Pd, o non ci mette più la faccia o lo fa malvolentieri. Gli alfieri della società civile che lo scortavano come pretoriani in ogni dove, poi, ve li raccomando. Spariti.

Divertitevi a cercare dichiarazioni, tweet, post su Facebook dello squadrone renziano dopo la débacle di dicembre. Che so, scrivete Davide Serra, il finanziere portabandiera del renzismo che fu, e avrete pagine e pagine di risultati su: gas serra, effetto serra, zucchine in serra. Inutile andare a caccia di un attestato di solidarietà a Renzi da parte di Serra con la S maiuscola, anche solo un misero hashtag tipo #coraggiomatteo. Niente, zero titoli.

Tutto questo per dire che si sta avverando ciò che da anni abbiamo, più o meno in splendida solitudine, scritto: e cioè che il più grande limite del renzismo risiedeva nell'incapacità di avere una visione aggregatrice di questo Paese e poggiava nella contingenza di un nucleo di potere trasversale lesto a lunsigarlo e a fargli credere di essere il sol dell'avvenire unicamente per incamerare benefici.

Diagnosi spietata e a lungo impopolare, mi rendo conto, che ha fatto storcere il naso a molti lettori di Panorama affascinati dall'ex premier, che sono arrivati a lamentare quasi una persecuzione nei suoi confronti. Non lo era e non lo è mai stata.

Riscontrare oggi negli interventi e nei commenti dei lettori un pentimento o una rilettura critica del renzismo con l'ammissione di aver ecceduto nella concessione di credito dà in ogni caso la misura di come il vento sia cambiato. Non so quanto e se Renzi resisterà alla guida della segreteria del Partito democratico, se dovrà inventarsi una vita perché la guerra interna lo costringerà a cercarsi un lavoro "normale".

In questi giorni mi ha colpito, in tal senso, la capacità di resilienza di un suo predecessore alla guida del Pd, Walter Veltroni. Fallito il tentativo di guidare l'Italia ha fatto di tutto, a cominciare dall'attività di scrittore (Renzi si sta cimentando su questo versante). Ma è stata solo una parentesi alla quale hanno fatto seguito cimenti di ogni genere: da regista di documentari ad autore televisivo.

L'ultima capriola di Veltroni consiste nel pensare di poter fare il presidente della Lega calcio. Certo, Renzi per ora è concentrato nello sforzo straordinario di essere il segretario di un partito sfilacciato il cui unico obiettivo dovrebbe essere di avere una sola parola d'ordine avanti a lui: unire. Ma se dovesse andargli male col Pd, seguendo l'esempio del funambolico Veltroni, potrebbe bastargli mettere una maiuscola a quella parola d'ordine e reinventarsi segretario dell'Unire, l'Unione nazionale incremento razze equine. Ma ci pensate? Due ex segretari del Pd impegnati nello sport: uno si è dato al calcio, l'altro il calcio se l'è dato da solo e presto potrebbe darsi all'ippica.

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