La Ue sfida la Cina sulle torri eoliche

Dal 17 dicembre entra in vigore il regolamento di esecuzione della Commissione EU che istituisce un dazio antidumping sulle importazioni delle torri eoliche industriali in acciaio importate dalla Repubblica popolare cinese. Le misure imposte dalla Presidente Von Der Leyen variano dal 7,2 al 19,2%.

Il 21 ottobre 2020 la Commissione europea ha aperto un'inchiesta antidumping relativa alle importazioni di determinate torri eoliche in acciaio originarie della Repubblica popolare cinese.

L’inchiesta è stata aperta in seguito a una denuncia presentata il 9 settembre 2020 dalla European Wind Tower Association per conto dell'industria dell'Unione di torri eoliche in acciaio. La denuncia conteneva elementi di prova dell'esistenza del dumping e del conseguente pregiudizio notevole sufficienti a giustificare l'apertura dell’inchiesta.

L'inchiesta relativa al dumping e al pregiudizio ha riguardato il periodo compreso tra il 1 luglio 2019 e il 30 giugno 2020.

In tali inchieste, la Commissione ha constatato la presenza di interventi pubblici sostanziali nella RPC, che falsano l'efficiente assegnazione delle risorse conformemente ai principi di mercato. La Commissione ha concluso in particolare che nel settore dell'acciaio, ossia la principale materia prima per la fabbricazione del prodotto oggetto del riesame, non solo persiste un livello elevato di proprietà del governo della RPC, ma il governo della RPC è anche nella posizione di interferire nella determinazione dei prezzi e dei costi grazie alla presenza statale nelle imprese.

Sebbene si stimi che la suddivisione nominale tra il numero di imprese di proprietà dello Stato e di società private sia pressoché uniforme, dei cinque produttori di acciaio cinesi che si classificano tra i primi 10 produttori di acciaio di dimensioni maggiori al mondo, quattro sono imprese di proprietà dello Stato.

E in ragione di un certo livello di intervento del governo i produttori privati non hanno la possibilità di operare a condizioni di mercato.

Nel corso dell'inchiesta la Commissione ha stabilito inoltre l'esistenza di legami personali tra produttori di torri eoliche e il PCC.

Il tredicesimo piano quinquennale per lo sviluppo economico e sociale della Repubblica Cinese prevede il sostegno alle imprese che producono tipi di prodotti di acciaio di fascia alta.

Le importazioni dalla Cina nel complesso sono aumentate del 54 %. La loro quota di mercato è cresciuta dal 25 % nel 2017 al 34 % nel periodo dell'inchiesta, con un aumento del 35 % nel periodo in esame.

Dalla valutazione degli indicatori macroeconomici e microeconomici di cui sopra, insieme al costo del lavoro e del rispetto ambientale, la Commissione ha stabilito che emerge che l'industria dell'Unione ha subito un pregiudizio notevole durante il periodo dell'inchiesta, poiché ha perso una quota di mercato consistente e l'aumento dei prezzi di vendita è risultato insufficiente per compensare il forte aumento dei costi di produzione, con un conseguente crollo della redditività che ha influito negativamente su investimenti, utile sul capitale investito e flusso di cassa.

Nel periodo in esame le vendite dell'industria dell'Unione sono calate a vantaggio delle importazioni cinesi. I volumi delle importazioni dalla Cina sono aumentati fortemente (del 54 %) e la loro quota di mercato è cresciuta di nove punti percentuali, dal 25 % nel 2017 al 34 % nel periodo dell'inchiesta. Nello stesso periodo, e malgrado l'aumento dei consumi del 14 %, il volume delle vendite dell'industria dell'Unione è calato del 7 % e la sua quota di mercato è scesa dal 69 % nel 2017 al 56 %.

In termini di prezzi, per tutto il periodo in esame quelli delle importazioni cinesi sono stati notevolmente inferiori ai prezzi di vendita dell'industria dell'Unione e anche al costo di produzione dell'industria dell'Unione, determinando una contrazione. La pressione sui prezzi esercitata dagli elevati e crescenti volumi delle importazioni dalla Cina fornisce una chiara spiegazione dell'incapacità dell'industria dell'Unione di trasferire gli aumenti dei costi nei propri prezzi di vendita e delle perdite conseguenti.

Sulla base di queste considerazioni la Commissione ha concluso che le importazioni dalla Cina hanno causato un pregiudizio notevole all'industria dell’Unione.

Nel biennio 2018-2019 quattro produttori dell'Unione di torri eoliche in acciaio hanno dovuto avviare procedure di insolvenza.

In definitiva la Commissione ha stabilito che in assenza di misure, altri produttori dell’Unione potrebbero dover fare altrettanto e ridurre le loro attività nel settore delle torri eoliche in acciaio, o addirittura smantellarle, e tagliare posti di lavoro. Questo potrebbe comportare limitare ulteriormente le fonti di approvvigionamento a disposizione degli utilizzatori, allungare i tempi di realizzazione e incidere negativamente sulla concorrenza nel mercato.

Ma la perdita di know-how nell'Unione non è auspicabile nel contesto degli obiettivi dell'Unione per gli impianti eolici offshore e onshore per i prossimi anni.

Per questa ragione l’Unione Europea ha deciso che da domani tutte le torri eoliche in acciaio provenienti dalla Cina avranno un dazio all’import dal 7 al 19%.

La misura, già attiva sulla vergella, è destinata ad ampliarsi anche ad altri settori. Del resto gli acciaieri europei, anche in virtù di politiche di decarbonizzazione, l’avevano chieste da tempo.

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