Tecnologia
January 13 2014
Magari non ne sei al corrente, magari vuoi fingere di non saperlo, ma ogni giorno che utilizzi servizi come Google, LinkedIn, Facebook, Twitter e Amazon, dall’altra parte dello schermo qualcuno sta facendo incetta di informazioni su di te: gli acquisti che fai, quelli che non fai, i messaggi che invii, gli argomenti di cui parli, le persone con cui parli, e via dicendo. A meno che tu non voglia affidarti a servizi di nicchia ultraprotetti, non c’è modo di tenerti tutti i tuoi dati sensibili nelle tasche. L’unica vera domanda da porsi è: di quali piattaforme mi posso fidare?
La stessa domanda se la rivolgono quelli della Electronic Frontier Foundation, associazione non-profit in prima linea nella difesa degli interessi degli utenti internet, e ogni anno monitorano il comportamento delle varie compagnie internet per valutare quali dimostrino una maggiore premura nei confronti dei propri utenti. Il report relativo al 2013 è stato pubblicato oggi e porta a galla fatti poco noti, uno su tutti: Twitterè la compagnia più attenta ai diritti dei propri utenti, soprattutto di fronte a richieste di dati sensibili da parte dei governi, molto più di altre “istituzioni” come Amazon, Apple, Tumblr e Dropbox.
Per stilare il report, gli analisti della EFF hanno valutato 6parametri fondamentali:
1- Se l’azienda richiedeun mandato prima di consegnare a un governo le comunicazioni tra i propri utenti. Questo significa che il governo che richiede all’azienda i dati deve fornire una giusta motivazione e quindi ottenere un mandato ufficiale. Tra le aziende analizzate, le uniche che non richiedono un mandato sono Apple, Amazon, Comcast, Yahoo, AT&T e Verizon.
2- Se l’azienza comunicaagli utenti le richieste governative. Il fatto che un’azienda chieda un mandato per la consegna dei dati può essere un elemento di protezione, ma serve a poco se poi non comunica ai propri utenti questa eventualità, poiché non dà loro modo di proteggersi (nel caso ad esempio di governi autoritari interessati a stanare dissidenti attraverso i social network). Stando alle valutazioni di EFF, questo è il caso di Facebook, Google, Microsoft e Tumblr.
3- Se l’azienda pubblica transparency report in cui viene fatta una stima di quanto spesso forniscono dati utenti ai governi. Le uniche aziende che lo fanno sono Google, Dropbox, LinkedIn, Microsoft, e Twitter.
4- Se l’azienda rende pubbliche le linee guida e le policy attuate nel relazionarsi alle autorità governative.
5- Se l’azienda ha difeso attivamente la privacy degli utenti nei tribunali. Lo hanno fatto Comcast, Google, Amazon, Twitter, Myspace, e in parte Yahoo.
6- Se l’azienda ha difeso attivamente la privacy degli utenti presso il Congresso statunitense, fornendo di fatto supporto ai legislatori che si battono per modernizzare le leggi sulla privacy e la difesa gli utenti. Le uniche aziende a non averlo fatto sono Yahoo, Comcast, Verizon e Myspace.
Come anticipavamo all’inzio, l’unica azienda di spicco a soddisfare tutti e sei i parametri è Twitter, mentre tra quelle meno “attente” alla privacy degli utenti spiccano Yahoo, Amazon, Apple e Facebook.
Dalla tabella pubblicata da EFF emergono due cose. La prima è che nonostante lo scandalo NSA, e nonostante i dati sensibili siano alla base di gran parte degli introiti di queste aziende, ci sono colossi del web (due su tutti: Amazon e Apple) che ancora non si preoccupano di adottare gran parte delle buone pratiche sopra elencate (Apple non fa altro se non difendere i diritti degli utenti a livello parlamentare). La seconda è che, nonostante la strada da fare sia ancora lunga, negli ultimi anni molte aziende hanno migliorato il trattamento riservato alla privacy dei propri utenti. E chissà che il letamaio scoperchiato da Edward Snowden non porti nel 2014 le maggiori aziende del web a riempire tutte le rimanenti lacune.