Corruzione: il problema sono le troppe leggi

Venerdì il Consiglio dei ministri varerà una serie di norme anticorruzione. Tra queste dovrebbe rientrare anche quella che attribuisce i “poteri straordinari” al magistrato Raffaele Cantone, super-commissario contro il malaffare. Il dibattito è ancora acceso attorno a quali e quanti poteri attribuirgli, ma, nel frattempo, molti imprenditori segnalano che, sebbene quasta nomina sia importante, il problema vero risiede altrove. La corruzione, cioè, nasce dove c’è un eccesso di burocrazia, di leggi e di regolamenti, dove ci sono troppi controllori che si accavallano e dove le competenze e le responsabilità non sono chiare e chiaramente individuabili.

Chi la pensa così, ad esempio, è Dino Piacentini, importante imprenditore edile e presidente di Aniem, l’Associazione Nazionale delle Imprese Edili. Domenica scorsa, ospite alla puntata mattutina di Omnibus su La7, Piacentini ha mostrato alle telecamere tre fogli e mezzo in formato A4 nei quali il suo ufficio legale ha elencato i titoli (solo i titoli e una breve spiegazione) delle leggi che nel corso dei decenni si sono accumulate e hanno “intasato” il sistema degli appalti. Contattato da Panorama, Piacentini ci ha inviato quei tre fogli e mezzo consultabili in questa pagina. Anche solo una rapida lettura del documento dimostra una semplice verità: troppe leggi, troppi controllori, troppi vincoli rendono il sistema degli appalti italiano un contesto gelatinoso ideale perché emergano i politici corrotti e gli imprenditori corruttori. Un contesto nel quale i controlli non funzionano perché sono troppi e dove chi vuole lavorare non ha altra scelta che “oliare” qualcuna di quelle che il pm di Venezia Carlo Nordio ha definito “le 100 porte per aprire un cantiere”. 

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