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January 29 2015
Siamo di fronte a lei, giovani e vecchi che viviamo in Russia. La nostra è un'epoca inquieta... Le ferite ancora non si sono rimarginate, ancora fumano i falò, e ancora fremono i tumuli sopra le fosse comuni di milioni di soldati - nostri figli e fratelli. Nelle campagne arse vive sono ancora in piedi pioppi e ciliegi morti e bruciati, l'erbaccia cresce, triste, nei villaggi partigiani, sui corpi inceneriti di nonni, madri, ragazzi e ragazze. È ancora smossa la terra sulle fosse dove riposano i corpi dei bambini ebrei uccisi insieme alle loro madri. La notte ancora si leva il pianto delle vedove nelle tante, infinite izbe russe, nei casolari bielorussi e ucraini. La Madonna ha patito con noi ogni momento, perché lei siamo noi, perché siamo noi suo figlio.
Qualche anno più tardi, l'ingegnere Grossman è ormai lo scrittore Grossman. Vive a Mosca, nel centro del potere e della gloria sovietica; lo hanno elogiato maestri sommi come Gor'kij e Bulgakov: è un inserito, quanto meno, o persino un privilegiato. Eppure le purghe sfiorano anche lui; eppure anche lui per poco non finisce nelle fauci di quella follia che tritura i propri figli migliori, in quella rivalsa cieca della burocrazia e della paranoia del regime ormai consolidato contro la giovinezza del comunismo, contro la sua spensieratezza battagliera e ingenua, quella in cui non esistevano più lettoni, russi, armeni ed ebrei, quella in cui in cui non esistevano i titoli e le mostrine e tutto, anche gli errori più brutali, veniva compiuto per generosità e per principio. Lo scrittore Grossman, tuttavia, viene risparmiato dal turbine; ma non dimentica l'asfalto silenzioso di Mosca, la paura bianca e la delazioni grigie e livide, o il nero lucido del piombo. Né scorderà mai il gelo dei gulag siberiani che pure non ha visto, duro come pietra, come pietra inscalfibile ed apparentemente eterno.È proprio lei, sì. L'ho vista anche nel 1930 alla stazione di Konotop: si avvicinò al vagone di un rapido, terrea di sofferenza, e alzò i suoi occhi meravigliosi per dire senza voce, muovendo appena le labbra: «Pane...».
Passano ancora degli anni e lo scrittore Grossman è il corrispondente di guerra Grossman: si è arruolato volontario e, senza combattere in prima linea, diventa ben presto uno dei più noti ed efficaci soldati dell'Armata Rossa. Con l'Armata Rossa Grossman è davanti a Mosca, all'epoca della prima e decisiva vittoria, poi è a Stalingrado, a Kursk, ovunque lo porti l'irrefrenabile controffensiva dell'esercito sovietico. La guerra costa la vita a sua madre, intrappolata in Ucraina dalla rapida avanzata nazista e uccisa sul posto come decine di migliaia di ebrei rimasti nella repubblica; ma il soldato Grossman è tra i primi ad entrare a Treblinka, il più sottile e brutale dei campi di concentramento nazisti, quello maggiormente specializzato nell'eliminazione degli ebrei. A Treblinka vede un orrore che non aveva immaginato neanche nel paese della collettivizzazione e delle purghe. A Treblinka vede e comprende anche la grandezza e l'eroismo del proprio paese, tanto imperfetto, che pure si è eretto solitario e ha vinto contro un Male che non ha descrizione possibile. Ma a Treblinka conosce anche il ritorno dell'ipocrisia e della convenienza, adesso che la guerra sta per essere vinta, adesso che non si può più scrivere dei collaborazionisti ucraini o dei rumeni che hanno ucciso novantamila ebrei ad Odessa. Di sicuro il soldato Grossman non dimentica la terra troppo grassa di Treblinka, "senza fondo", scrive lui, una terra nutrita da un orrore che non ha fine.E l'abbiamo incontrata nel 1937, nella sua stanza, mentre stringeva a sé per l'ultima volta il figlio, gli diceva addio, fissava il volto di lui prima di correre giù per le scale deserte di un condominio muto... Sulla porta della sua stanza un sigillo di ceralacca, da basso l'aspettava una macchina... Che silenzio strano, inquieto, in quell'alba grigia e polverosa dove non fiatavano neanche i palazzi.
Passano dei lustri, ancora. Il soldato Grossman, famoso e amato da ogni milite dell'eroica Armata Rossa, è diventato nel frattempo il dissidente Grossman, un fantasma che ha scritto dei libri che non possono essere pubblicati (perché ricordano troppo, e con oggettiva precisione; con la nuda, pacata precisione di chi non odia il proprio paese e nessuno dei suoi governanti, ma che non può dimenticare nessuna vita stroncata ingiustamente o senza motivo). L'ebreo Grossman ha visto anche, negli ultimi anni di Stalin, una campagna infame che ha per la prima volta vellicato il vecchio antisemitismo russo, sia pure sotto forme nuove e ambigue; allo stesso modo il soldato Grossman viene a sapere, lui che ha raccontato la guerra sacra e giusta del popolo sovietico, delle deportazioni avvenute in quegli stessi anni; in seguito, sotto Chruščëv, lo scrittore Grossman non vede poi i cambiamenti tanto attesi e strombazzati (anzi, è in quegli anni che le sue opere vengono censurate, sequestrate, distrutte, e che da uomo noto diventa un fallito mezzo tollerato).Continuiamo a camminare su quella terra senza fondo, ma poi ci fermiamo. Di colpo. Capelli biondi dai riflessi color del rame, i capelli, ondulati, folti, sottili, lievi, incantevoli di una ragazza si mescolano alla terra calpestata. Poco distante altri boccoli chiari, e poi trecce nere, pesanti sulla sabbia chiara, e poi altre chiome e altre ancora. Dev'essere il contenuto di un sacco - uno solo! - dimenticato e mai partito. È tutto vero! L'ultima assurda speranza crolla. E intanto i baccelli di lupino tintinnano, tintinnano, e i semi tamburellano sul terreno come se davvero, da sotto terra, si levassero alti i rintocchi a morto di un'infinità di minuscole campane. E il cuore sembra fermarsi, stretto da una tristezza, da un dolore, da un'angoscia che un essere umano non può sopportare...
Vasilij Grossman, non ancora sessantenne, muore l'anno dopo a Mosca, di cancro allo stomaco. Che l'umano sia umano ovunque, in ogni tempo e luogo, lo sanno tutti; ma Grossman, che ha visto la terra ucraina, la polvere del Donbass, l'asfalto di Mosca e le pietre morte dell'Armenia, sa che anche la materia è la stessa dappertutto, dappertutto è uguale alla terra di Treblinka: ma non può vincere la vita, può al massimo ucciderla. Ma essa sbucherà invincibile dalla materia che muore, non meno viva, come la treccia di una ragazza ebrea uccisa a Treblinka o il sorriso eterno di una Madonna di Raffaello.Il mondo intero - tutta l'immensità dell'Universo - è schiavitù rassegnata della materia inerte, solo la vita è miracolo di libertà.
(le citazioni sono tratte da L'inferno di Treblinka e Il bene sia con voi, di Vasilij Grossman)Che le montagne immortali si riducano pure a scheletri, l'uomo esisterà in eterno.