"Nove petali di Loto" al Teatro sala Fontana di Milano

Martedì 18 novembre al Teatro Sala Fontana di Milano debutta “Nove Petali di Loto”, l’opera di cine-prosa di Milo Vallone e Luca Pompei liberamente ispirata al "Caso Cearpes", la realtà abruzzese che contava 90 dipendenti, 50 ospiti e 5 milioni di fatturato e azzerata dopo 9 anni di processi chiusi con assoluzione con formula piena da tutte le accuse di 32 imputati.

A tutela di tutte le vittime è nata l’associazione Amici di Cearpes Onlus che hanno sostenuto la creazione di uno spettacolo che affronta i temi scottanti del potere, della relazione con le istituzioni, dei rapporti tortuosi tra chi agisce e chi gestisce. Il calvario umano, professionale e giudiziario di un uomo e dei suoi amici/soci alle prese con un lavoro difficile (occuparsi di minori con problemi socio-comportamentali), a contatto quotidianamente con ragazzi che vivono tra leggi che non esistono e strutture carenti.

Una pièce che si colloca nell’ambito della tradizione del teatro civile italiano, per far conoscere un caso paradossale e accendere così i riflettori sulla schizzofrenia, su come la si cura, sulle professionalità necessarie e sulle autorità chiamate a riconoscerle e a tutelarle. Un progetto culturale che intende rappresentare un grido, una denuncia.

Il caso Cearpes

"La nostra struttura era un punto di riferimento in Italia per l’accoglienza di minori con gravi e gravissimi disagi socio-comportamentali. In pochi giorni siamo diventati degli orchi, un’associazione a delinquere ed i segni di un calvario giudiziario ed umano durato 9 anni, pure con la completa assoluzione di tutti gli imputati, ci sono rimasti impressi sulla pelle" spiega Dominique Quattrocchi, fondatore della cooperativa. "Nessuno si è preso la briga di chiedere scusa per un errore giudiziario che ha messo in ginocchio 70 famiglie per bene e aumentato a dismisura le difficoltà dei ragazzi nostri ospiti. Ed ora che abbiamo ottenuto giustizia crediamo di avere il dovere di raccontare la nostra storia e di chiedere una completa riabilitazione dei nostri nomi, del nostro passato, del nostro lavoro. Ancora una volta occorre poi sottolineare come, oltre a noi operatori, sono stati loro, i ragazzi, le vittime di una macchina del fango che ha spazzato via la struttura che li ospitava, li ha costretti a tornare al loro disagio, in circostanze percepite come ostili, creando loro ansia e fomentando la sensazione di inadeguatezza e insicurezza che li aveva condotti verso la necessita di un’assistenza".

Lo spettacolo

80 minuti, 6 attori in scena ed un progetto tra cinema e teatro che vede la firma dell’attore e regista Milo Vallone e di Luca Pompei. "Nove petali di Loto è un testo di fantasia, liberamente ispirato ad una storia vera" spiega Vallone, regista, attore e coautore di questa pièce della memoria. "Già nel titolo c’è la metafora che vogliamo raccontare: il fiore di loto è un fiore bellissimo ma la sua esistenza non è così facile. Quando inizia a germogliare, si trova sotto l'acqua sporca di laghi o piccoli stagni, circondato da fango e melma e tormentato da pesci e insetti. Ma il fiore di loto si fa forza e, crescendo, sale verso la superficie dell’acqua. Col tempo lo stelo continua ad allungarsi e il baccello lentamente emerge dall’acquitrino. È allora che il loto comincia ad aprirsi, petalo dopo petalo, nell’aria pulita e nel sole. Lo spettacolo segue il progetto CineprOsa, un modello di realizzazione che vede l’incontro e l’intreccio tra i linguaggi teatrali e quelli cinematografici, ne nasce così un vero e proprio cine-spettacolo che vede un continuo rimbalzo narrativo tra palco e schermo".

Un affresco drammatico, liberamente tratto da una vicenda che ha fatto scalpore e continua a farlo per l’evidenza di quegli elementi di malaffare, di superficialità e violenza che sono un emblema dell’Italia che prova a farcela ma sbatte contro il muro d’acciaio degli interessi dei pochi. La vicenda kafkiana di un uomo nel giusto schiacciato da un meccanismo capace di stritolare chi prova a mettersi di traverso, anche solo per difendere se stesso, il proprio lavoro, i principi in cui crede.


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