'Tamara de Lempicka e Gabriele D'Annunzio nel diario di Aélis Mazoyer'

Entrare al Vittoriale significa immergersi in un luogo suggestivo e ricco di storia. Ma anche di passione. Se il Vate non fosse solo un busto che mi accoglie gli direi paroline dolci, frasi d'amore, elogi e apprezzamenti. Spolvererei tutti i suoi 33.000 libri. Sistemerei persino gli 870 soprammobili che tiene nel suo bagno blu. Poi eliminerei tutti i medicinali scaduti dalla sua farmacia personale. Gli direi che non potrei essere gelosa delle sue donne, ma solo della sua collezione di scarpe. Che mi farei andare bene anche le stanze in penombra, in cui condividere i mal di testa e l'amore per la parola. Che cucinerei per lui e intratterrei gli ospiti alla sua tavola senza abbuffarmi, perché lo so bene che l'ingordigia é un brutto vizio, non come la lussuria o l'avarizia. Ma gli direi anche che apprezzerei quella stramberia della nave in giardino e che nulla mi fermerebbe dallo scendere pericolosamente in biblico per una danza con i tacchi laggiù.

Ma tutto questo è solo un momento ad occhi aperti che si insinua girovagando tra giardini e stanze private del Vittoriale.
Riprendo in mano il libro che ho appena concluso e con cui ho scoperto un D’Annunzio che sfugge all’occhio poco allenato di chi visita un Vittoriale affollato. Lo intuisco. Ne colgo ogni parola e non posso far altro che associare ogni luogo ad ogni gesto.

Tamara de Lempicka e Gabriele D'Annunzio nel diario di Aélis Mazoyer (ES) descrive lo straordinario, boccaccesco, incontro tra il «Vate», il «Comandante» Gabriele d’Annunzio, ormai vecchio, e la giovanissima, affascinante, ambigua pittrice Tamara de Lempicka al Vittoriale nel 1927.

L’11 gennaio 1927 Tamara entrava per la seconda volta al Vittoriale e questa volta siamo informatissimi su tutto quanto ella fece e non fece nella casa di Gabriele” scrive Piero Chiara, che ha curato, con Federico Roncoroni, questo eccezionale documento.

Questo soggiorno, infatti, ha trovato una cronista inaspettata in Aélis Mazoyer, la donna che, entrata giovanissima al servizio di Gabriele D’Annunzio come cameriera, e ben presto divenuta sua amante, rimase accanto al poeta sino alla morte e tenne per tutto il tempo un disordinato ma eccezionale diario, in cui registrava tutto quel che accadeva intorno a lei.

Piuttosto frigida nonostante le innumerevoli e varie prestazioni cui dovette assoggettarsi per compiacere l’instancabile padrone-amante, Aélis è stata per anni una comprimaria sulla scena della “vita inimitabile” di Gabriele D’Annunzio”.  

La duchessa di Borgogna s'insediò come governante al Vittoriale, destinata ad assistere D'Annunzio nelle sue perversioni, a volte come protagonista, a volte come gelosa intermediaria. Esperienze trascritte in questo diario che ci offre, come nessun altro testo, l'immagine della vita quotidiana di D'Annunzio nel suo buen retiro.

La cronaca dei giorni che Tamara trascorre al Vittoriale è la cronaca di una tentata seduzione; una cronaca precisa e particolareggiata, ma anche sofferta dalla cronista. Aélis è fortemente interessata all’opera di seduzione e, naturalmente, parteggia per il Comandante: non solo perché è felice di vedere le sue attenzioni dirottate su un’altra persona, ma anche perché non vuole ammettere che un uomo come il suo padrone possa fare fiasco con una donna. Aélis registra tutto. Le varie situazioni, tutte ambigue e assai piccanti. Le reazioni di Tamara e quelle del Comandante. Le confidenze dell’uno e quelle dell’altra. Né trascura la puntuale e illuminante raffigurazione della varia umanità, tutta composta di donne, che ruotava intorno al poeta in quegli anni”.

Tamara osa trasgredire alla regola della casa che la ospita: non andrà oltre al petting, come diremmo oggi, indisponendo a tal punto D’Annunzio che, dopo averla sommersa di regali, la obbliga a lasciare il Vittoriale.
Dalla corrispondenza intercorsa successivamente tra i due, scopriremo come sono davvero andate le cose. Forse.

Tamara de Lempicka e Gabriele D'Annunzio nel diario di Aélis Mazoyer
a cura di Piero Chiara e Federico Roncoroni con uno scritto di Annamaria Andreoli
ES, 2013
(128 pagine, con un’appendice iconograficaò)

@violablanca

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