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(Ansa)
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Lo stop a cellulari e social per i minori può funzionare ma non risolve i problemi

Diciamolo subito: stiamo parlando di un piccolo dispositivo di un decreto legge ampio che si inserisce in un quadro ancora più complesso di contrasto al disagio giovanile e alla criminalità minorile. Ciononostante è evidente che in questi giorni il divieto di uso dello smartphone ai minorenni colpevoli di reato farà discutere più di ogni altra misura. E’ un accorgimento che non cambierà una situazione grave, una vera e propria emergenza educativa che spesso sfocia in episodi di prevaricazione, delinquenza e violenza. Stupisce però che, tra le varie misure predisposte per contrastare il disagio giovanile, sia messo nel mirino il cellulare.

Infatti il nuovo decreto legge, in bozza, prevede che i colpevoli possano essere privati del proprio smartphone. Si tratta di un provvedimento che rasenta l’impraticabilità attuativa, perché la proprietà dell’apparecchio, o l’intestazione di un numero telefonico, non toccano l’uso quotidiano di un telefonino.

Non basta, diranno alcuni. Era ora, ribatteranno altri. Il dibattito è destinato a infiammarsi. Quel che è certo, è che si tratta di un segnale di attenzione.

In primo luogo, si rende esplicito che oggi sottrarre il telefonino significa colpire e affondare, e così proprio questa privazione è inserita nel novero di quelle azioni che intendono scoraggiare, senza che ci sia in questo accorgimento l’intento di educare. E’ una nuova possibilità a disposizione del questore, forse uno strumento per tentare ancora una volta la via del dialogo tramite la convocazione in presenza del minore e di almeno un genitore, pur mettendo in atto un provvedimento punitivo.

In aggiunta, si individua nello smartphone un potenziale strumento di pericolo e di possibile accrescimento delle povertà culturale, tanto che un colpevole ne viene privato affinché non si rinchiuda nella prigione dorata fatta di social, giochi online e attività in grado di risucchiare un essere umano per intere giornate, sottraendolo alla vita reale.

Le gride manzoniane insegnano che aumentare spropositatamente le pene per legge non risolve alcuna situazione, perché per cambiare serve investire nella ricostruzione dell’oggi e nelle fondamenta di domani, ciononostante questo piccolo provvedimento forse segnala l’inizio di un percorso che porti a considerare smartphone e affini – e ciò che contengono - come strumenti su cui valga la pena riflettere e legiferare. Non sono mai stati normati i social, e sono un luogo di potenziale abbruttimento e pericolo. Non sono mai stati normati i telefonini, al di là di qualche blando provvedimento, e di fatto non sottostanno ad alcuna normativa che ne regoli l’utilizzo. Non è mai stato normato l’utilizzo di internet in alcun modo, con tutto ciò che contiene e può generare. E’ il momento, anzi è già tardi, forza.

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