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Economia

Spread, perché torna a fare paura

“Abbiamo una disponibilità di cassa assolutamente buona”. Così Davide Iacovoni, responsabile per il debito pubblico del Ministero dell’Economia e della Finanze,ha rassicurato ai microfoni del Gr1 sulla solidità dei conti pubblici italiani.

L’esternazione di Iacovoni non è stata ovviamente casuale ma è giunta poche ore dopo una seduta di borsa in cui il listino di Piazza Affari, l’8 maggio 2018,ha perso oltre l’1,6%mentre lo spread Btp/Bund, il differenziale d’interesse tra titoli di stato italiani e tedeschi è tornato dopo mesi sopra i 130 punti (1,3%) segnalando di nuovo un po’ di febbre sui mercati.

Il 9 maggio la borsa di Milano è tornata in positivo e lo spread è sceso di nuovo sotto i 130 punti ma, aldilà dell’altalena di breve periodo delle borse,nella comunità finanziaria resta aperto un interrogativo: è bene preoccuparsi per la situazione dell’Italia, il paese europeo con il debito pubblico più altoche è ancora senza un governo a oltre due mesi dalle elezioni? In teoria, fino a che ci sarà il quantitative easing della Banca centrale europea (Bce), cioè l’acquisto programmato di titoli di stato dei paesi di Eurolandia, i mercati restano al riparo dalle turbolenze.

Il Qe verso il capolinea

Il guaio è che il quantitative easing non è destinato a durare in eterno. Lo hanno ricordato pure gli analisti della casa d’investimenti Marzotto Sim che, in una nota delle scorse settimane, hanno consigliato cautela sui titoli di stato italiani a tasso fisso, cioè i Btp, soprattutto per una ragione: il miglioramento deifondamentali economici di alcuni paesi mediterranei come Spagna e Portogallo ha trainato al rialzo le quotazioni dei titoli di stato di tutta l’aera del sud Europa, compresi quelli italiani, nonostantele incertezze politiche che ancora ci sono a Roma.Dunque, se i mercati cominceranno a preoccuparsi per quel che accade nelle stanze politiche romane, lo spread potrebbe cominciare di nuovo a infiammarsi.

Un po’ più moderato è il giudizio di Nicola Mai, responsabile della ricerca sul credito sovrano in Europa di Pimco, colosso statunitense del risparmio gestito e uno dei maggiori investitori al mondo nel settore obbligazionario. “Il ritardo nella formazione del governo in Italia non è una sorpresa”, afferma Mai, giudicando invece sorprendente la calma mostrata finora dai mercati di fronte all’incertezza politica a Roma e dintorni.

I paletti dell’Ue

Il manager di Pimco ricorda peròalcuni aspetti positivi da non sottovalutare. Innanzitutto, i partiti un tempo euroscettici come il Movimento 5 Stelle hanno notevolmente ammorbidito le loro posizioni. In secondo luogo, Mai è convinto che la Commissione Europea e l’ Eurogruppo possano mitigare i partiti italiani “fiscalmente irresponsabili”, ponendo dei limiti a qualsiasi allentamento nelle politiche di bilancio del nostro Paese.

Infine, non va dimenticato che in Europa c’è uno scenario di crescita economica che già in passato ha spinto i mercati a essere ottimisti anche di fronte a eventi politici non convenzionali come la Brexit o l’elezione di Trump. Fatte queste premesse, i gestori di Pimco mantengono un giudizio neutrale sui Btp italiani. Per i big della comunità finanziaria internazionale, insomma, il nostro Paese va tenuto sott’occhio.

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