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ANSA/PAOLO MAGNI
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Chi si preoccupa dello "spirito" dell'Italia?

‏Caravaggio è italiano, ma l'Italia non c'era. Leopardi è italiano, come Dante. Ma l'Italia non c'era. L'Italia come Nazione e Stato, come realtà politica, viene molto dopo la esistenza non solo della parola ma del concetto di spirito e cultura italiana, varia e stratificata in virtù di una storia convulsa e ricca. Vedo troppa gente, compreso un tot di preti e di intellettuali, preoccupati della politica italiana, poco del suo spirito.

Segnata da una forte presenza latina e cristiana, e da influssi barbarici, l'Italia è stata e può essere un segno originale nel mondo, Si sa che nei secoli il territorio chiamato Italia è stato un caos dal punto di vista politico. Prima e dopo l'Impero Romano. Terra di conquista straniera, spagnoli, francesi, austriaci e inglesi ieri, poi americani e sovietici, tutte potenze che ci hanno influenzato attraverso dei Giuseppe Conte di ieri, dei Reucci o dei Duchi, dei guerriglieri armati, dei cortigiani vari. Non mi stupisco che sia così anche oggi, che si corra questo rischio etc etc. Ma la questione è un'altra.

In qualche modo i vari invasori o potentati, compresi quelli che si chiamavano barbari, eccetto rari casi, riconoscevano alla realtà italiana una nobiltà, un valore di spiritualità e bellezza che giustificava - oltre che la conquista economica di porti o beni di vario genere- la fatica di prendersi l'Italia. Ora è lo stesso? Alle potenze che vogliono un Conte qualsiasi al vertice del governo del Paese, ammesso che ci riescano, davvero interessa tale patrimonio spirituale e culturale? Lo vogliono conquistare per esserne in qualche modo influenzati e assumerne certe linfe o vogliono solo i porti e le banche ? E coltivare questo patrimonio non è forse, in prospettiva, più importante che coltivare nuovi partiti, o vendere porti e banche?

Non è detto, come qualcuno pensa, che la forza spirituale di una realtà dipenda dalla disponibilità di mezzi economici e di potere. Lo dimostrano molte storie nel mondo e anche la nostra, dove si è visto per decenni un potere catto-democristiano forte in banche e porti e strutture perdere completamente la efficacia culturale e estetica sul territorio "dominato". Allo stesso modo, parallelamemte e successivamente, si è visto come gli eredi di una tradizione socialista ricca e composita, e ben dotata di centrali economiche e di mezzi (anche di comunicazione) abbia perso la capacità culturale di leggere e orientare il popolo.

Oggi la domanda urgente non è su chi comanderà. Ma su chi nutre davvero l'anima dell'Italia. E semmai la domanda è se chi vuole comandare vuole anche nutrire quell'animus, questo humus, oppure no. È la vera domanda che la storia presenta ai vari protagonisti diretti e indiretti, in cravatta, in t-shirt o in clergyman, che si stanno agitando in settimane caotiche (come sempre) nella politica italiana. In tal senso ho visto uno speciale attivismo di gesuiti e clero, ben piazzati su certe barricate politiche. Per carità, giusto che ognuno dica la propria. Il mio amico Antonio Spadaro, eccellente americanista e animo fine, ha dato voce con franchezza a quel che una parte del clero italiano pensa. Ma siamo sicuri che il fronte della vera battaglia sia quella politica? Davvero sono da richiamare categorie come la carità, coma la estetica, come il Vangelo, per motivare l'avversione a una parte politica?

Che lo faccia un politico può essere ambiguo (ma l'ambiguità fa parte della partita politica) e segnala comunque il fatto che una autorità politica senza riferimento a qualcosa di religioso non sta in piedi (anche il Presidente Usa giura sulla Bibbia e non mi pare di aver udito strepiti clericali) ma che lo facciano uomini di cultura e di chiesa è più fuorviante. Perchè quelle realtà spirituali e culturali non esistono per segnare un campo politico contro l'altro ma per nutrire la vita di tutti . Ed è questo nutrimento la "cosa" che fa l'Italia, non le banche, non i porti, non i Presidenti della Repubblica. Occorre che qualcuno lo tenga bene in mente. Sennò, qualsiasi Conte o Marchese o reuccio ci governi, siamo perduti, cioê insignificanti.

Con piacere riceviamo e pubblichiamo un "commento" di Nazzareno Carusi sul tema

Il mio amico Davide Rondoni ragiona alto e da par suo di quel che fummo e quel che accade oggi. Ma manca una postilla. Ed è che non possiamo eludere il dovere d’incarnare il sogno che di un’Italia grande e generosa pur avevano Leopardi e Dante. Il dovere di provarci, almeno. E non basta a questo la consapevolezza autentica e verissima che prima d’uno Stato, l’Italia sia un’Idea.

Però, coi Dante e coi Leopardi, abbiamo anche il dovere di essere capaci almeno d’accostarne la grandezza. E qui Davide ha ragione. Perché da troppo tempo, dietro girandole continue senz’anima né storia, la nostra politica e la nostra scuola, tutti noi, sembriamo quasi non sapere nemmeno più chi fossero Leopardi e Dante. E Petrarca, Boccaccio e San Francesco. Leonardo e Raffaello. Michelangelo. Galileo. Palestrina, Monteverdi, gli Scarlatti, Pergolesi, Verdi e Bellini, Donizetti, Rossini, Manzoni e Pirandello e Tomasi di Lampedusa, Beccaria e Cattaneo e Mazzini, Gobetti e i Fratelli Rosselli, Gramsci, Don Sturzo, De Gasperi ed Einaudi, Papini, Croce e La Pira, Benedetto XV, Giovanni XXIII e Paolo VI. E infiniti altri.

Lo scrissi tante volte sui giornali, quando di scrivere tanto avevo il vizio: non siamo all’altezza del nostro passato. E continuiamo senza studio e senza cura, colpevoli un po’ tutti, a tenere serva la donna di provincie che ci è madre.

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