Shrinkflation, l'ultima mossa del commercio contro l'inflazione

L’ultimo denunciato, in ordine di tempo, è lo strano caso della “colomba ristretta”. Centinaia di consumatori non hanno potuto non notare che alcune marche del dolce tipico di Pasqua in vendita sugli scaffali dei supermercati presentavano un prodotto leggermente più piccolo del solito.

A fronte del ridimensionamento della colomba (il peso del dolce – 1kg - il più delle volte, oscillava invece tra i 700 e i 750 grammi)confezione e prezzo rimanevano, però, gli stessi.

Cos’è la Shrinkflation

Questo fenomeno ha un nome: Shrinkflation, appellativo che deriva dall’unione dei termini inglesi “shrink”, restringere, e “inflation” inflazione. In pratica si riduce la quantità di prodotto in vendita - ma non il prezzo – e in questo modo si tiene a bada l’inflazione (alle spalle dei consumatori). In merito a questa pratica il Codacons ha presentato esposto all’Antitrust e a 104 Procure in giro per l’Italia affinché si indaghi in merito alla sua liceità.

Stesso prezzo, minor quantità: i prodotti “vittima” di Shrinkflation

Sì, perché il rimpicciolimento della colomba (ma anche delle uova di Pasqua) segue tutta una serie cambi sospetti di parte delle merce in vendita nei nostri supermercati che, pur non diminuendo di prezzo, vengono venduti in dose minore.

Cinque, sei patatine in meno in ogni confezione, un ciuffo di insalata, qualche biscotto e il gioco è fatto. Le aziende risparmiano sulle materia prime aumentando il margine di profitto visto che il prezzo finale non cambia. Un trucchetto cui, nei periodi in alta inflazione, le aziende ricorrono per salvare l’impresa.

Il rapporto tra Shrinkflation e guerra in Ucraina

Oggi che le materie prime d’importazione dalla Russia scarseggiano e i costi di produzione crescono sempre più spesso arrivano segnalazioni di sospetta Shrinkflation. In Usa, per esempio, le confezioni di pasta (che a differenza che da noi viene prodotta con grano tenero e quindi con una materia prima d’importazione russa) hanno subito una notevole “riduzione” . Per camuffarla spesso le case produttrici ricorrono all’escamotage del cambio di packaging in maniera che il consumatore meno attento non si renda conto che – oltre che il pacchetto – è cambiato anche il contenuto. Oggi come oggi, infatti, il cittadino medio tiene d’occhio i prezzi e i costi, ma difficilmente è in grado di confrontare la quantità di prodotto.

Altro caso esemplare è quello delle lattine “dimagrite”. Sempre dagli Usa arriva la denuncia della presenza sugli scaffali dei supermercati di bibite gassate che, pur non avendo cambiato prezzo, contengono meno prodotto.

Stessa cosa sta accadendo in Inghilterra con una nota barretta di cioccolato che ha “perso” una ventina di grammi di peso nelle ultime settimane proprio come era successo, qualche anno fa, al Toblerone, come ricorda, tra gli altri il Guardian.

Per far fronte all’aumento del costo del cacao la casa produttrice aveva “tagliato” una gobba alla nota barretta aumentando lo spazio tra una e l’altra e quindi riducendo la quantità di cioccolato (e il peso) ma non la dimensione del prodotto. Il caso, venuto a galla in Gran Bretagna nel 2019, aveva fatto emergere ben 206 articoli di 79 settori differenti che avevano subito lievi modifiche di peso senza che cambiasse etichettatura e prezzo indicati.

In Italia l’Istat nel periodo 2012-2017 aveva rilevato nei mercati, nelle rivendite e nei supermercati 7.306 casi di confezioni ridimensionate ma vendute allo stesso prezzo, con particolare riguardo al settore zuccheri, dolciumi, confetture, cioccolato, miele e a quello del pane e dei cereali.

Sebbene la Shrinkflation sia un fenomeno relativamente raro si stima che a oggi tra 1% e il 2,1% dei prodotti alimentari hanno subito variazioni di contenuto.

Una truffa i danni dei consumatori?

La liceità o meno dell’operazione commerciale nasce proprio dalla mancata comunicazione della “sparizione” di X patatine ( o chi per esse) dal pacchetto. Le leggi della trasparenza e del corretto mercato impongono alla aziende la comunicazione puntuale del prodotto sia in termini di ingredienti sia di peso netto e lordo sia di rapporto tra prezzo al chilo e prezzo finale.

Codacons, quindi, ha fatto denuncia a Antitrust e Procura della Repubblica chiedendo di “aprire indagini volte a verificare se la prassi avviata dai produttori e tesa a ridurre le quantità dei prodotti venduti ai consumatori senza ridurre il prezzo delle confezioni, possa costituire fattispecie penalmente rilevanti, dalla truffa alla pratica commerciale scorretta”.

Che la Shrinkflation sia un trucchetto per tenere sotto controllo l’inflazione è un dato di fatto e – secondo alcuni osservatori – se le aziende non avessero fatto così negli ultimi mesi i prezzi sarebbero schizzati alle stelle mettendo in ginocchio le famiglie che già ora sono in difficoltà. D’altro canto c’è chi ricorda che l’aumento dei prezzi non è tale da giustificare il ritocchino al prodotto. Il nodo cruciale ruota intorno al fatto che il consumatore debba esserne informato in modo che possa essere libero di scegliere se acquistare comunque il prodotto o meno.

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