Sheryl Sandberg, modello di Girls in Tech

C’è una questione femminile anche nell’ecosistema delle startup e dell’innovazione. Poche donne in posizioni importanti e poche imprenditrici, un po’ in tutto il mondo. Ecco perché un gruppo di intraprendenti ragazze si è organizzato per cambiare le cose e da San Francisco il business network si è diffuso in tutto il mondo: Girls in Tech, fondato nel 2007 da Adriana Gaiscogne, ha 17mila aderenti ed è presente in 33 Paesi. Italia compresa, dove è appena stato lanciato dopo sei mesi di preparazione. Il modello è Sheryl Sandberg, direttore generale di Facebook, prima donna a entrare nel board di una multinazionale digitale e autrice del libro di culto per le giovani donne in carriera, “Facciamoci avanti “ , pubblicato in Italia da Mondadori .

Vogliono farsi avanti, voglio più spazio nel business ma non vogliono essere chiamate “femministe digitali”. "Non ci piace, perché non è vero e perché non c’è alcuna lotta di genere", dice Anna Sargian, managing director del chapter italiano. "Il nostro scopo è favorire lo sviluppo delle figure femminile in un modo ad alta densità maschile". Solo l’11% degli startupper italiani sono donne, secondo la più completa ricerca sul settore, quella di Mind the bridge. Lei fa l’analista finanziario, e ha imparato ad appassionarsi al mondo degli imprenditori innovativi accanto ai business angel. Imprenditori, quasi sempre maschi. "Le donne fanno fatica a credere nelle proprie capacità", analizza la Sargian. "E non sono capaci di “fraternizzare”, non fanno lobby come gli uomini”. Ecco, GiT vuol essere anche una giovane lobby che lavorerà a sostegno dell’intraprenditorialità femminile. Come? 

Il network globale dà le linee guida, il gruppo italiano ha già un intenso programma per il suo primo mezzo anno di vita: prima della pausa estiva sarà pubblicato il censimento delle startup fondate da donne, che dovrebbero essere una cinquantina, poco più del 10% di quelle iscritte ai nuovi elenchi delle Camere di commercio, quindi un “peso” ancora inferiore se si tiene conto di quelle realmente attive. Da settembre, anticipa la Sargian, partiranno poi i workshop molto pratici, dai segreti per fare un buon business plan alla guida ai grovigli legali per fare nascere un’impresa. Saranno solo per donne. "Ma non siamo “separatiste”: i mentor possono essere donne o uomini. E gli eventi sono aperti a tutti", precisa Sargian, che pensa già ai programmi per i prossimi anni, ispirati ad alcune esperienze internazionali del network: la GiT360, lanciata a Singapore, un programma per avvicinare le studentesse universitarie al mondo della tecnologia, sia come dipendente sia come imprenditore; una conference annuale di tre-quattro giorni con startupper donne di successo, come si fa in Silicon Valley.

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