Sharing economy, condividere per risparmiare

Che cosa significa sharing economy? Letteralmente bisognerebbe tradurre questo neologismo tutto americano con "economia condivisa", ma il termine più appropriato da utilizzare è condivisione e basta. Di tutto, dalla casa all’automobile, dai libri di scuola alla babysitter e alla spesa…a patto che i carelli rimangano separati. Perché le provviste personali no, quelle non si condividono. O almeno non ancora.

L'idea della condivisione è nata con la crisi finanziaria internazionale, e si è allargata a settori sempre nuovi sia quando  le difficoltà economiche globali hanno cominciato a intaccare risparmi e salari della gente comune ai quattro angoli del pianeta, sia quando i mercati hanno iniziato a registrare i primi debolissimi segnali di ripresa. Per un motivo molto semplice: sei anni di continue difficoltà hanno convinto tanti che non necessariamente un miglioramento oggi ne implica un altro domani. Perché gli equilibri post-crisi, sempre ammesso che possano essere così definiti, sono talmente precari che è opportuno continuare a evitare di farci troppo affidamento. Di conseguenza, meglio continuare a risparmiare, condividendo tutto quello che è possibile. Una stanza del proprio appartamento, un'automobile che non ci si può permettere di vendere ma che passa molto tempo in garage, una bicicletta, una moto, una babysitter con una vicina, i libri di cucini e amichetti che possono studiare insieme, e anche la spesa. Organizzandosi con i vicini sia per andare al supermercato a turni (con un notevole risparmio di tempo e benzina), sia per accedere a offerte più vantaggiose acquistando più prodotti.

Mettiamoci però per un attimo nei panni di chi chiede di condividere, non di chi offre: è possibile che la maggior parte di queste persone non sia naturalmente portato verso il counchsurfing, ovvero non sia così contento di organizzarsi le vacanze pianificando di dormire su questo o quell'altro divano a casa di sconosciuti, ma lo fa per tagliare i costi. Lo stesso vale per le auto: sono tanti quelli che ancora preferirebbero affittarle da agenzie specializzate piuttosto che da privati contattati in rete che magari non hanno i loro stessi standard per quel che riguarda le pulizie e la manutenzione del veicolo. Ma vale anche per le babysitter, che ogni mamma preferirebbe scegliersi da sola, o che si occupasse solo dei suoi figli, e per la spesa. Eppure succede sempre più spesso. Ancora una volta solo per spendere di meno.  

Un altro dettaglio che vale la pena sottolineare è il progressivo aumento del numero di municipalità disposte ad accettare queste transazioni come "legali" in quanto coordinate da "freelance". In California, ad esempio, da questo mese i privati possono improvvisarsi proprietari di auto da usare in condivisione da più persone che devono percorrere più o meno lo stesso tragitto senza infrangere nessuna legge. Con il proprietario che, nella maggior parte dei casi, si presta a fare il tassista, arrivando poi per ultimo alla sua destinazione. In Australia, invece, le mamme possono prendersi un patentino per diventare "babysitter di quartiere". Iniziative, queste, che oltre a legittimare il concetto di condivisione, ne aumentano sia i livelli di sicurezza e trasparenza, sia la probabilità che le attività dei "freelance della condivisione" vengano regolamentate anche negli altri settori. 

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