'Lo Scuru', una Sicilia metafisica

Ci sono romanzi che parlano con voci d’altri tempi, capaci di evocare sensazioni, suoni e colori antichi, di altre generazioni, nonostante siano scritti ai giorni nostri. Non sempre funzionano, ma quando ci riescono, quando arrivano con efficacia al lettore di oggi, allora si può parlare di piccoli capolavori. È il caso di Lo Scuru, romanzo d’esordio di Orazio Labbate, edito da Tunué.

La trama è semplice: a Milton, in West Virginia, un anziano uomo di origini siciliane, Razziddu Buscemi, guarda dietro di sé, lungo il sentiero dei ricordi. Prova a rifare i conti con il passato, mentre la vita giunge al termine. Inizia così un viaggio intimo, attraverso immagini lontane, sbiadite dagli ormai tanti anni passati lontano dalla sua Sicilia. Per raccontarcelo Labbate usa la carta di un linguaggio fatto di suggestioni, ricco di metafore, per la verità non sempre riuscitissime, ma che sanno connotare la storia in un non luogo. Che non è quello fisico della Sicilia di decine di anni fa, ma quello onirico ed evocativo che prende forma nella mente, risultato di un affascinante miscuglio di reminiscenze ed emozioni vissute.

Orazio Labbate, nonostante il carattere antico del suo primo romanzo, è un giovane scrittore, nato nel 1985. Con Lo Scuru dimostra di avere le giuste armi letterarie, con tutto il tempo per poterle affilare ancora di più.

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