Riforme: la via crucis di Matteo Renzi

A poco più di due settimane dal voto europeo è iniziata la via crucis di Matteo Renzi. In due giorni gli scenari che descrivevano un premier sugli allori e un Silvio Berlusconi sul viale del tramonto si sono completamente capovolti. Ora è Renzi che si deve attaccare alla ciambella di salvataggio di Forza Italia se vuole salvare quelle riforme senza le quali va a casa. Il Cav torna centrale.  Soprattutto dopo il voto di Forza Italia che lunedì sera in commissione a Palazzo Madama  ha salvato il governo sul testo di riforma del Senato.

Ma il  governo è andato sotto sull’ordine del giorno di Roberto Calderoli, che di fatto ristabilisce un’elezione diretta dei senatori e costituirà nella discussione in aula un’ipoteca sulla proposta del ministro Maria Elena Boschi. Come se non bastasse,  dopo questo infortunio, dove Renzi ha dovuto fare i conti con una Forza Italia di lotta e di governo, poche ore dopo l’esecutivo, assediato dall’ostruzionismo grillino e dai mal di pancia della minoranza civatiana ringalluzzita dopo l’attacco di Susanna Camusso al premier, è stato costretto a mettere la fiducia sempre al Senato sul decreto lavoro. Esame passato solo con 158 sì.

 Ce n’è quanto basta per rimettere al centro il ruolo decisivo di Berlusconi per fare le riforme. Come sottolineano i big forzisti da Paolo Romani a Renato Brunetta a Raffaele Fitto.

La situazione si è talmente capovolta  che, nei vari conciliaboli di Transatlantico, sta prendendo piede l’ipotesi di un appoggio esterno di FI dopo il voto del 25 maggio. Ma certamente prima di un passo del genere, gli azzurri venderanno cara la pelle. Lo stesso Berlusconi aveva rilanciato l’ipotesi di larghe intese, salvo poi parzialmente smentire. Ma la gracilità del governo Renzi ormai è messa in rilievo anche dalle non eccelse performance dell’alleato decisivo, Angelino Alfano, al centro di una bufera di critiche dopo i fatti dell’Olimpico, che avrebbero molto innervosito Renzi.

Tant’è che i maligni ipotizzano che se il leader di Ncd non raggiungerà alle europee l’asticella del 6 per cento, quella che potrebbe veramente legittimarlo agli occhi del premier, potrebbe perdere uno dei tre ministeri di peso che la sua formazione è riuscita a conquistare. E i sondaggi per Ncd finora non sono esattamente entusiasmanti. Di fronte alla gracilità dell’alleato, il premier potrebbe avere sempre più bisogno del sostegno molto più solido di Forza Italia. Che però ora deve fare i conti con il proprio elettorato. Se ne riparlerà dopo le europee. Ma intanto Berlusconi il sasso nello stagno di un governo sempre più debole lo ha lanciato.

E non è un caso che Renzi non dica di fatto una parola contro il Cav in questa campagna elettorale. “Larghe intese no, ma noi siamo una forza responsabile, non siamo Grillo, quindi il nostro sostegno sulle riforme ci sarà, ma a un patto: Renzi ci deve ascoltare”, dice, sotto anonimato, un azzurro di rango. Ora sembra FI a dare le carte. Ma che l'aria sia cambiata lo conferma anche con aria dubitativa un esponente Pd di lungo corso: "Renzi? Diciamo che per ora tiene".

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