Renato Zero, 'Amo - Capitolo I': la recensione del nuovo album

Quando un artista come Renato Zero arriva nei negozi con il suo ventisettesimo album di inediti "Amo - Capitolo I" (il capitolo due potrebbe arrivare senza lunghe attese), anticipato dal singolo "Chiedi di me", da pochi giorni disponibile su Youtube in ascolto legale, bisogna azzerare le premesse, sedersi comodi, schiacciare il tasto play e ascoltare.

La grande festa di Renato Zero comincia da "Chiedi di me", un segnale chiaro a chi lo ha accusato di non essere più in grado di fare "un certo tipo di musica", di coinvolgere con il suo graffio. Attenzione: Renato Zero non ci darà 14 tracce in questa direzione, ma è evidentemente voluto uscire allo scoperto con un omaggio, una dedica, una lezione di vita che riaccendesse in modo virale gli animi di tutti i suoi fan, alcuni dei quali aspettavano questo grido. È arrivato.

"Amo" è una biografia condivisa, dove c'è lui ma ci sono anche i suoi sorcini, coinvolti appieno nei brani. In "Una canzone da cantare avrai" c'è una maturità che ti tocca a fior di pelle, un brano manifesto che racconta forza e debolezza dell'artista. "Sarò l'ultimo degli idealisti, lo zero che vedi", canta. C'è un'intensità speciale.

"Il nostro mondo" è una canzone d'amore, una ballad essenziale che parla di lacrime, sostegno. Racconta in modo molto ricco una relazione non fatta solo di rose, ma anche di spine. In ogni caso, la fiducia e l'intesa fanno il bene della coppia. Le sonorità anche qui sono molto legate agli anni '70. "Hai bisogno di me come anch'io di te" è il punto di confine per salire verso il sogno, l'impossibile.

Una chitarra introduce a un nuovo brano più rock e allegro, anche qui il cuore pulsante sono i sentimenti. "Voglia d'amare" è un pezzo che parla di cose importanti e che non si possono toccare, sensazioni che non partono dalla solitudine, ma dalla piena consapevolezza delle potenzialità del cuore. Il trattato sul sentimento più nobile, continua.

"Angelina" invece è un brano che si riferisce alle persone invisibili, come quella portinaia della sua adolescenza. Un brano orchestrale introdotto da un piano, sembra la storia di un film. Una donna che è stata involontariamente maestra di vita e angelo che con la sua semplicità ha dato a Renato il coraggio della vita. È icona della "sana ingenuità". "Custode tu di quei deliri miei", con queste parole chiude il brano.

Arriva poi il commovente pezzo per Lucio Dalla portato sul palco in occasione di "4 marzo", la festa di "compleanno" dello scomparso cantautore, parliamo di "Lu". C'è il loro incontro, l'amicizia, il legame stretto attorno alla stravaganza, l'intensità di vita. Renato gli dedica un'applauso fatto canzone. "I ragazzi hanno fame di capire chi sei", canta. C'è un tocco blues sul finale, una chiara dedica a Lucio che traspare non solo dal testo, ma anche dalla melodia.

Ritratto degli anni ne "I '70", un viaggio nel tempo su pianoforte in festa, una macchina del tempo che porta al suo passato, alla sua carriera, al suo aver fatto la storia della musica e della sua stessa vita. Gli anni '70 vengono citati come periodo sfavillante della sua carriera, nella quale oggi sente le stesse emozioni, la stessa energia. Più maturo ma non meno scintillante.

Passiamo a "Un'apertura di ali", un brano struggente, un canto religioso, un viaggio introspettivo raffigurato in un viaggio nel mondo, via aria, un brano scritta da Giancarlo Bigazzi e portata a vita da Renato Zero. "L'amore ci fa prigionieri, eppure sembra libertà". Un inno all'amore onesto, sincero, senza argini.

La leggerezza non banale del brano "La vacanza", la rassegnazione e il senso di fallimento pieno di rimpianti di "Oramai" (un pezzo di cinque minuti, il più complesso del disco). Sembra che questo album nasca all'insegna della completezza, del guardarsi davanti a uno specchio per nulla distorto, totalmente concatenato alla musica, come in "Tutto inizia sempre da un sì".

Dopo "Vola alto", si ritorna all'allegria del brano d'apertura con "Dovremmo imparare a vivere". Un sorriso musicale che si fa dolceamaro con le stoccate ironiche di Renato. Una canzone politica ma oggettivamente condivisibile. C'è musica orchestrale dentro un testo tagliente. Un brano assolutamente da ascoltare.

La chiusura arriva con "La vita che mi aspetta", canzone che guarda al futuro con una dolcezza immensa. Con la capacità, rara oggi, di guardare al futuro in una proiezione, lontana, piccola, ma luminosa e possibile. La chiusura perfetta per un "primo tempo", di quello che sarà il suo futuro album che ci auguriamo non venga posticipato per troppe settimane. Nell'attesa di sentirlo live (se sarà possibile) non solo a Roma per quasi un mese, ma in tutta Italia.

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