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Non c’è bisogno di quote

Un insulto alla capacità delle donne o la sconfitta dell’ipocrisia? La bocciatura delle "quote rosa" obbligatorie nel prossimo Parlamento evita (ad avviso di chi scrive) la corsa grottesca a riempire ogni collegio di "candidate-perforza" al di là dei loro meriti oggettivi, con il risultato paradossale di umiliare chi entra in lista solo perché donna, lasciando fuori uomini potenzialmente più meritevoli. Nella mia vita professionale ho sempre avuto tra i miei colleghi una larghissima prevalenza di donne. Oggi la redazione di "Porta a porta" è formata per quattro quinti da donne. Nel 1990, appena diventato direttore del "Tg1", scelsi tre colleghe (Lilli Gruber, Tiziana Ferrario e Maria Luisa Busi) per condurre l’edizione delle 13.30.

Gli uomini non hanno mai battuto ciglio perché ieri come oggi si trattava di scelte professionali, discutibili o no, ma del tutto estranee a quote di qualunque genere. Ma l’idea di dover essere costretto a far fare un servizio necessariamente a una donna mi parrebbe del tutto stravagante. Ne sa qualcosa lo stesso Matteo Renzi, che ha penato non poco per trovare 8 donne all’altezza di un incarico ministeriale perché la classe politica è ancora prevalentemente maschile. Tanto è vero che, appena libero dai vincoli che lui stesso si era posto, ha nominato soltanto 9 donne su 44 sottosegretari. E non è detto che, quando metà dei candidati del Pd alle prossime elezioni politiche dovranno essere donne (per decisione interna di partito), le scelte saranno sempre le migliori. Nella vita sociale italiana le donne stanno acquisendo via via un ruolo dominante: nella magistratura, nell’avvocatura, nel giornalismo, nella medicina, in molte professioni scientifiche e anche in lavori tradizionalmente maschili. Ma nessuno s’è mai sognato di dire che in un concorso per diventare giudice o notaio metà dei posti debbano essere assegnati alle donne. Non si capisce perché una stramberia del genere avrebbe dovuto esserci in Parlamento e nemmeno perché molte deputate hanno vissuto come una giornata di lutto il 10 marzo, quando le quote rosa obbligatorie sono state bocciate. (La vera parità dei sessi avverrà solo con l’abolizione della festa dell’8 marzo, essendo questa celebrazione il mantenimento perpetuo della "diversità" femminile).

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