Quanto costa la Ruzzle Mania

Io, di solito tecnologicamente all’avanguardia, mi sono trovata spiazzata dal Ruzzle-boom che sta invadendo i possessori di un qualsiasi smartphone.

E’ un giochino per il cellulare in cui si possono comporre parole unendo in qualsiasi direzione e verso le lettere che compaiono sullo schermo. 16 lettere in tutto disposte a caso che possono creare fino a 360 combinazioni di parole. Peccato che io al massimo ne abbia trovate 19.

Mi limito ad individuare preposizioni semplici o articoli determinativi e difficilmente riesco a unire più di 4 lettere insieme, mentre sfido mostri che combinano aggettivi, verbi declinati e trovano parole che, secondo me, nel vocabolario italiano non sono mai esistite. Ma loro le trovano. E mi stracciano.

C’è chi è riuscito a comporre addirittura “Panagia”, il mio cognome. P-a-n-a-g-i-a sono 7 lettere. Ruzzle non ha riconosciuto il termine, ma io gli avrei dato 1.000 punti solo per la forza di volontà.

Ora, a parte la ludicità della faccenda e l’umiliazione che ne consegue (mai vinto una sfida), mi trovo a guardarmi intorno durante una cena, una lezione all’università o su metropolitane e mezzi pubblici. E 6 persone su 10 hanno un telefono in mano.

Mi ricordo quando nelle mie lunghe tratte in treno Milano-Roma mi eclissavo in un libro per far passare il tempo. Quando i passeggeri attaccavano bottone e facevano volentieri due chiacchiere con il vicino di posto, quando ci si raccontava perché si andava di qua o di là. Ora no.

Ora si gioca a Ruzzle e si chatta con what’s up, ci si tagga in tempo reale su Facebook e ci si scanna su Twitter. Non che mi dispiaccia, l’ho dichiarato all’inizio che mi considero tecnologicamente al’avanguardia. Però ogni tanto mi accorgo, io per prima, di starmi chiudendo in un mondo fatto di cristalli liquidi.

Vi faccio un esempio: sono stata 3 giorni sulle Dolomiti per un Blogtour (se volete dare un’occhiata su Twitter a quello che abbiamo combinato cercate #dolomitilove) e cosa succede se unisci 8 blogger? Succede che “bloggano” in continuazione.

I miei veri compagni di viaggio (e lo dico con rammarico) sono stati Ruzzle, Instagram, InstaWeather, InstaFonts o Snapseed, non quei 7 ragazzi. Ed è un peccato. Perché se prima mi sforzavo di vincere la timidezza e provavo ad approcciarmi ad un altro individuo, ora ho la scusa per non farlo. E lo stesso loro.

Ma tornando indietro, avrei scambiato quattro chiacchiere in più. Avrei fatto delle domande, ascoltato delle risposte. Avrei voluto sapere se erano single, fidanzati, quali erano i loro sogni, progetti e desideri.

Invece tornata a Milano mi sono resa conto che, quasi l’unica cosa che mi è rimasta di loro, è il Nickname con cui si sono iscritti a Ruzzle.

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