Pitti Uomo, la moda resiste alla crisi

C’è chi dice capi unisex adatti per lui e per lei con blazer uber alles, pantaloni a zampa o a sigaretta molto anni ’70, colorati, a volte coloratissimi. Perché il «come eravamo» in tempi di crisissima va per la maggiore rispetto a «come saremo». Rassicura. Allevia ansie e psicodrammi vari. Vale per la moda. Ma vale per tutto. Basta dare un occhio agli scaffali del supermercato o alle pubblicità in tivù per rendersene conto. E la Fortezza del Basso di Firenze che fino a venerdì 11 ospita l’83esima edizione di Pitti Uomo (e ora pure Donna con 70 collezioni dedicate) non fa eccezione. Scivoli tra gli stand numerosissimi (oltre mille marchi presenti italiani ed esteri) e ti ritrovi a pensare a quelle foto in bianco e nero di tuo papà in forma smagliante e il maglione a righe molto marinaretto che strizza l’occhio all’obiettivo. Era vestito così, in effetti. Più o meno. Cambiano i materiali forse il taglio, per carità. È tutto sofisticatissimo, raffinato. Con una ricerca spasmodica per la qualità e il volere stupire con fibre all’avanguardia, tecnologiche, manco servissero per gli equipaggiamenti della Nasa. Belle. Quello si. E funzionali.

Anche l’aria che si respira è meno cupa dell’atteso. Con un colpo di coda finale il 2012 si è chiuso addirittura con un segno più. Non c’è da strapparsi i capelli dall’entusiasmo: parliamo di un +1,9% per un totale di 8,6 miliardi di euro di giro d’affari a 2012. L’anno scorso il balzo era stato del 4,2% ma meglio di niente. E a tirare è ancora una volta l’export: +2,4% per un fatturato di circa 5 miliardi di euro. L’Europa manco a dirlo latita (-1,5%). Con unica eccezione l’Inghilterra (+9,3%). Ma gli ex malati Usa e Giappone sono tornati in grande spolvero con rispettivamente +21,4% e +20,7%. E pure i mercati che ci ostiniamo a chiamare “emergenti” macinano numeri interessanti.

Tutto bene, dunque? Non proprio, dicono i diretti interessati che per bocca del presidente di Sistema Moda Italia (Smi) Michele Tronconi denunciano la difficoltà di produzione in Italia e soprattutto la mancanza di incentivi specifici per il segmento tessile e abbigliamento che impiega 440 mila addetti e più per un totale di 51 mila aziende. Ma visti i tempi che corrono sarà difficile che ce ne siano nei prossimi mesi, forse anni.

Così c’è chi si rimbocca le maniche e firma accordi ad hoc. Uno su tutti: “Fatto in Italia”. Firmatari: Unicredit e Centro di Firenze per la moda italiana, siglato proprio il giorno di inaugurazione di Pitti. Intende aiutare i piccoli e i piccolissimi che producono nel nostro Paese. Per loro l’istituto guidato da Federico Ghizzoni metterà a segno un pacchetto di soluzioni per sostenerne tra l’altro la produzione e l’internazionalizzazione. L’idea è di creare anche una piattaforma integrata in grado di fornire un sostegno mirato alle aziende al 100% made in Italy nei mercati stranieri ad alto potenziale con la messa a punto di un network di supporto professionale e logistico-distributivo anche attraverso partnership con parti terze tra cui consulenti fiscali e legali, operatori logistici, o altro. Che possa funzionare davvero?

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