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Alessandro DI Marco/Ansa
Economia

Pil a +0,9% a dicembre, meglio del previsto

Si chiude con una punta di ottimismo il 2016 dell'economia italiana. Secondo i dati preliminari diffusi dall'Istat, a dicembre la variazione del Pil stimata sui dati trimestrali grezzi è risultata pari a +0,9%. Se il dato sarà confermato a marzo, si tratterebbe dell'incremento maggiore dal 2010, quando la crescita si attestò all'1,7%.

Da allora, il prodotto interno lordo italiano è salito dello 0,6% nel 2011, è sceso del 2,8% nel 2012 e dell'1,7% nel 2013, per poi tornare ad aumentare dello 0,1% nel 2014 e dello 0,7% nel 2015. Il dato corretto per gli effetti di calendario è anche migliore e dice +1,0%. La differenza si spiega con i due giorni lavorativi in meno contati dal 2016 rispetto al 2015.

In entrambi i casi l'andamento è superiore allo 0,8% atteso dal Governo e si traduce in una variazione acquisita per il 2017 pari a +0,3%.

Positivo è anche il risultato del quarto trimestre, durante il quale il prodotto interno lordo, corretto per gli effetti di calendario e destagionalizzato, è aumentato dello 0,2% rispetto al trimestre precedente e dell'1,1% nei confronti dello stesso periodo del 2015.

Il periodo ha avuto tre giornate lavorative in meno del trimestre precedente e due in meno rispetto al quarto trimestre del 2015. L'andamento tendenziale è uguale a quello del terzo, al top dal secondo trimestre 2011, quando la crescita si attestò all'1,5%. La variazione congiunturale, spiega l'istituto di statistica, è la sintesi di un aumento del valore aggiunto nei settori dell'industria e dei servizi e di una diminuzione del valore aggiunto nel comparto dell'agricoltura.

Dal lato della domanda, vi è un contributo positivo della componente nazionale al lordo delle scorte e un apporto negativo della componente estera netta. Nello stesso periodo il Pil è aumentato in termini congiunturali dello 0,5% negli Stati Uniti, dello 0,6% nel Regno Unito e dello 0,4% in Francia e in Germania. In termini tendenziali, la crescita è stata del 2,2% nel Regno Unito, dell'1,9% negli Stati Uniti e in Germania e dell'1,1% in Francia. (ANSA)

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