Pianta dai suoi stessi occhi

Si dice che Ovidio scrisse le sue lettere di Eroine con l’intenzione di fare di quella di Arianna a Teseo il prototipo dell’epistola lamentosa di ogni donna abbandonata. La figura della relicta che si lacera la pelle piangendo sugli scogli e si consuma gli occhi per tutta la durata del giorno sulla lontananza sempre uguale del mare (di cui Fillide che piange Demofoonte e Enone che dispera per Paride sono altre incarnazioni) doveva aggrumarsi nella persona di Arianna e liberare in lei il massimo del dolore, dell’ingiustizia e della desolazione.

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