Pakistan: cantante pop uccisa dai talebani

E' un omicidio politico quello che ha strappato la vita a Ghazala Javed. Una cantante pop giovanissima, che ha soli ventiquattro anni ha pagato un prezzo altissimo per la scelta di dedicare i suoi brani in lingua pashtun ai temi che le erano più cari: libertà e uguaglianza, per il suo paese e, in maniera particolare, per tutte quelle donne che, come lei, vivono una quotidianità fatta di angherie, violenze e soprusi. Senza diritti, ma con il dovere assoluto di sottostare completamente al volere dei genitori, degli uomini che diventeranno poi i loro mariti-padroni, e delle autorità talebane.

Per il regime, la grande colpa di Ghazala Javed era quella di aver scritto canzoni che, in pochissimo tempo, l'hanno trasformata nel nuovo punto di riferimento della musica leggera nel suo Paese. Non solo: nei mesi precedenti all'agguato in più occasioni i talebani pakistani le avevano "chiesto" di smettere di diffondere nuovi brani. Ma Ghazala Javed si è rifiutata di obbedire. E anche quanto nessuno in Pakistan ha avuto il coraggio di farle registrare le sue canzoni o i video, la giovanissima "ribelle" non si è data per vinta e ha chiesto auto alle case discografiche di Dubai.

Un atto di insubordinazione inaccettabile per un regime che non concede alle donne neppure la dignità di esistere. E che considera le giovani che addirittura tentano di battersi in nome di "presunti diritti" come "nemici pericolosissimi da eliminare a tutti i costi". Da qui la necessità di ucciderla. Il più presto possibile.

Secondo quano riportato dalla Cnn, Ghazala Javed era appena uscita da un salone di bellezza insieme al padre e alla sorella e stava passeggiando in un affollato bazaar di Peshawar, nel Pakistan del nord, quando è stata sorpresa da un commando di quattro uomini a bordo di due motociclette. Dopo pochi secondi e sei colpi di pistola i corpi della ragazza e del padre erano già in terra senza vita. La sorella, invece, è rimasta illesa, ma è attualmente ricoverata in ospedale in stato di choc.

In un primo momento c'è stato chi ha sospettato che il mandante dell'agguato fosse l'ex marito, visto che per gli standard pakistani anche la vita privata di Ghazala Javed non poteva certo essere considerata rispettabile. Circa un anno fa la ragazza si era sposata, ma dopo pochi mesi aveva chiesto la separazione "dopo aver scoperto che il marito aveva un'altra moglie". Un dettaglio che nessuno aveva voluto rivelare prima del matrimonio.

Eppure, le numerose minacce di morte ricevute e le fotissime provocazioni con cui la ragazza non ha mai smesso di sfidare il regime sembrerebbero confermare la matrice politico-religiosa dell'omicidio. Con il quale "è stato giusto punire in maniera esemplare" anche un padre incapace di ripostare la figlia sulla retta via. Impedendogli così di commettere gli stessi errori con la sorella.

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