Noi siamo infinito, il film che buca il cuore

Viste le potenziali degli attori protagonisti qualche attesa l'avevo. Emma Watson, l'ex Hermione di Harry Potter, è ormai una quasi donna, dal viso fanciullo ma lo sguardo sicuro; Logan Lerman aveva ben fatto in Percy Jackson e gli dei dell'Olimpo e I tre moschettieri; Ezra Miller mi aveva diabolicamente ammaliata nello stupendo ...E ora parliamo di Kevin. Eppure mai mi sarei immaginata che Noi siamo infinito (dal 14 febbraio al cinema) avrebbe potuto rubarmi il cuore. Una storia di adolescenti come può colpire e scuotere chi l'adolescenza l'ha passata da un po'? E invece Noi siamo infinito mi ha letteralmente portata dentro, ha risvegliato emozioni e fragilità di un'altra età, ha irreparabilmente sedotto.

Dal 14 febbraio al cinema, il film è la trasposizione cinematografica di un bestseller americano, il romanzo epistolare Ragazzo da parete (The Perks of Being a Wallflower) di Stephen Chbosky. Ed è proprio Chbosky, quarantatreenne che nel suo libro ha messo tanto di sé e del fanciullo che era, a dirigere. Lo fa con profondità e senza cadere in sentimentalismi. La fa mantenendosi sempre in perfetto equilibrio tra dolore, mistero, dubbio, ironia. E ricostruendo gli anni '90 con un affetto sincero ma senza troppo nostalgica svenevolezza.

Siamo nel 1991. Lerman è Charlie, un teenager intelligente ma timido che ha dovuto subire delle traumatiche perdite. Inizia le scuole superiori pieno di insicurezze, invisibile a molti, senza amici e fiducia. Ma con autoironia e senza piangersi addosso. Nella pausa pranzo lo diverte e affascina l'irriverenza giocosa di Patrick (Miller), un ragazzo dell'ultimo anno. E poco dopo saranno proprio Patrick e la sua inseparabile sorellastra Sam (Watson), a prenderlo sotto la loro ala protettrice. "Benvenuto nell'isola dei giocattoli difettosi", lo accoglie Sam.

Charlie è introdotto al loro mondo un po' particolare, a feste, a droga leggera e alcol, tra inguaribili cleptomani di jeans e buddiste punk, tra rappresentazioni del Rocky Horror Picture Show e l'immancabile ricerca della colonna sonora perfetta, tra cassette musicali scambiate, canzoni rubate e regalate, il tentativo così romantico e dolce di racchiudere in un elenco di brani musicali la propria anima da donare e svelare.

Patrick è esuberante, sempre sopra le righe, eccentrico, ma ben presto Charlie imparerà a conoscerlo davvero e a capire che questa è la faccia che si mette su a inizio serata, per capitolare poi nella notte verso la malinconia e ferite che lo lacerano. Sam è luminosa, nei suoi capelli corti e gli occhi che brillano, ma è considerata una ragazza facile e ha accanto sempre l'uomo sbagliato, che la usa e poco più. "Accettiamo l'amore che pensiamo di meritare", è l'insegnamento che Charlie apprende dal prof (Paul Rudd) che lo incoraggia alla letteratura. Charlie si perde negli occhi di Sam, ed è così tremendamente tenera la sua incapacità di dirglielo esplicitamente, di pensare di non meritare il suo amore.

Ritratto di adolescenza sincero e accorato, Noi siamo infinito cattura, grazie a una sceneggiatura (sempre di Chbosky) solida, capace di far ridere (tanto) e far piangere, di dire e non dire, di lasciar intuire grandi dolori senza però inzupparci, compiaciuta, le mani. E grazie certamente a delle interpretazioni potenti. Tutti e tre i giovani protagonisti sono eccezionali. Al giovane trio, a loro corollario, si uniscono nel cast anche Kate Walsh di Grey’s Anatomy e Private Practice e Dylan McDermott di The Practice - Professione avvocati.

Intanto risuona la canzone su cui si abbandonano, sfiorando l'infinito, Sam, Charlie e Patrick, Heroes di David Bowie, che ripete: "Noi tutti possiamo essere eroi, solo per un giorno, ma è ok se non lo saremo".

E risuonano le parole di Charlie, faccia da bravo ragazzo ma molto più tormentato di quel che sembri: "Non possiamo scegliere da dove veniamo, ma possiamo decidere dove andiamo da lì".

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