Steve McCurry celebra i colori dell’Umbria

Mister McCurry, lei ha spesso lavorato in terre devastate dalla guerra, realizzando reportage molto toccanti. Il lavoro sull’Umbria è invece gioioso. Come cambia l’occhio del fotografo?
Non cambia molto, a me è sempre piaciuto più che altro raccontare le storie che girano intorno alle mie foto. Qualche volta mostrando come reagisce l’uomo in un’area di guerra, quando è in condizioni estreme. Altre volte raccontando storie di vita quotidiana, come le persone affrontano il lavoro, come interagiscono con gli amici o con la famiglia.

La foto della ragazzina afghana ha cambiato la sua vita. È l’immagine alla quale è più legato?
No, non penso mai alle mie fotografie in termini di preferenza. Certo, quella foto è stata vista da milioni di persone, ma ci sono tante altre immagini che amo molto, per motivi diversi. Avere la possibilità di portare all’attenzione del mondo questioni importanti è un grosso impegno, una grande responsabilità; sono felice di avere ancora l’opportunità di viaggiare, di scattare fotografie e di poter condividere il mio lavoro.

Come trova, dopo 40 anni, sempre nuovi stimoli per fotografare con tanta intensità?
Come dicevano gli anziani, se ami ciò che fai, non lavorerai un solo giorno nella vita. Non posso immaginare un modo migliore per occupare il tempo che non sia esplorando posti nuovi e conoscendo persone.

Che cosa ama di più del nostro Paese?
La parte migliore dell’Italia è proprio la gente. La vostra ospitalità non ha rivali, non esiste un posto più accogliente in tutto il pianeta.

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