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Moby Prince: cos'hanno capito i magistrati

Quasi 27 anni fa, per Panorama, intervistai gli uomini dell’Osservatorio marittimo del porto di Livorno, la grande struttura sopraelevata che per la navigazione in mare equivale alle torri di controllo degli aeroporti.

Volevo sapere da loro se fosse vero quel che si diceva, e cioè che la nebbia fosse tra le principali cause del disastro della Moby Prince, il traghetto che nella notte dell'10 aprile 1991 era entrato in collisione con un’altra nave, causando 140 morti. La risposta delle persone con cui parlai fu netta: no, nella notte dello speronamento, non c’era alcuna nebbia al largo di Livorno.

Ora la commissione d'inchiesta del Senato sul disastro della Moby Prince è giunta alle stesse conclusioni, che verranno trasmesse all’autorità giudiziaria: si cercherà di riaprire il caso e anche d’individuare chi allora mentì o confuse le prove.

La commissione si è convinta che le indagini dei magistrati livornesi non abbiano individuato bene le cause dello scontro tra il traghetto, diretto a Olbia, e la petroliera Agip Abruzzo. Quelle indagini sono proseguite per circa otto anni, per poi concludersi senza individuare alcun colpevole.

Ora, però, a disposizione dei magistrati ci sono documenti nuovi, e testimonianze che mostrano la vicenda sotto una nuova luce.

Le novità

Si è accertato, per esempio, che la nebbia invocata per giustificare l'incidente, in realtà, non è mai esistita. I senatori hanno recuperato foto e video che lo dimostrano e lo confermano anche le perizie fatte dai carabinieri.

Il presidente della commissione, il senatore del Partito democratico Silvio Lai, ha dichiarato che “quei fenomeni atmosferici sono stati immaginati dopo la tragedia. E non corrisponde al vero che la petroliera si trovasse ormeggiata in una zona consentita: gli accertamenti tecnici che abbiamo svolto lo provano senza dubbio".

A confermarlo saranno, adesso, anche i resti della nave che i sub della Marina militare stanno recuperando nelle acque antistanti il porto di Livorno.

I sospetti

Il sospetto di molti senatori è che quella sera fosse in corso uno scambio di greggio: dalla grande petroliera alle bettoline che andavano e venivano in rada. Negli atti dell'inchiesta giudiziaria non se ne parlava, ma le testimonianze raccolte in questi due anni di lavoro lo chiariscono. E lo spiegherebbe anche il fatto che la cisterna numero 6 della nave sia stata ritrovata aperta, con un manicotto penzolante.

"Sulla petroliera” ha aggiunto il presidente Lai “abbiamo chiarito anche un altro fatto. Non è vero che il 4 aprile fosse partita dall'Egitto: nei giorni precedenti all'incidente aveva fatto tappa inaltre zone d'Italia. Per scoprirlo è bastato recuperare i registri delle assicurazioni, custoditi a Londra. Perché nessuno aveva verificato i registri? E perché nessuno ha fatto un'ispezione a bordo, per accertare cosa trasportasse l'Agip Abruzzo?".

Insomma, dopo oltre un quarto di secolo per le famiglie dei 140 morti si accende una speranza di verità. "Ma non siamo ancora soddisfatti” ha dichiarato Loris Rispoli, che nell’incidente perse una sorella. “Vogliamo che i responsabili di questa tragedia vengano puniti e paghino".

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