Massimiano Bucchi, Per un pugno di idee

Secondo una stima prudente, sono state inventate più cose nell’ultimo secolo che in tutta la storia dell’umanità. È anche per questo che ‘innovazione’ è diventata una parola emblematica del nostro tempo, nonché la chiave di lettura privilegiata per leggere i fenomeni della società e dell’economia. Come fa Massimiano Bucchi nel suo ultimo saggio, Per un pugno di idee (Bompiani), un viaggio nel tempo e nella tecnologia alla scoperta delle invenzioni che hanno cambiato la nostra vita.

Il caffé degli italiani
Come la caffettiera, per esempio, quel prodigioso ritrovato della tecnica che a partire dagli anni ‘30 ha portato il caffè mattutino dentro le nostre case, facendone un rito democratico alla portata di tutte le tasche.  E sapete dove prese l’idea Alfonso Bialetti? Osservando alcune massaie di Omegna lavare i panni in riva al lago d’Orta usando, come ricorda il figlio Renato, ‘un mastello con il fondo bucato. Sotto il mastello, in un altro contenitore, mettevano cenere e sapone, la ‘lisciva’, che a contatto con l’acqua ‘bolliva’ facendo schiuma e salendo nella parte superiore dove c’erano i panni’. Applicando lo stesso procedimento al caffè, Bialetti cambiò per sempre la vita degli italiani.

Tastiere e giapponesi
Questa storia ci dimostra che ogni invenzione ha una storia che affonda le radici in un contesto storico ben preciso. La tastiera del vostro computer, per esempio. Vi siete mai chiesti perché le lettere siano disposte proprio in quel modo? Il motivo risale addirittura al 1868, quando il giornalista Christopher Sholes assemblò uno dei primi modelli di macchina da scrivere. L’inventore si accorse subito che mettere i tasti in ordine alfabetico avrebbe comportato dei problemi: se si batteva troppo in fretta, i martelletti che imprimevano le lettere sulla carta si accavallavano tra di loro. Sholes risolse l’inconveniente distribuendo i tasti su tre file e allontanando quelli usati più di frequente. Centocinquant’anni dopo, nonostante le macchine da scrivere e i loro martelletti siano estinti da un pezzo, usiamo ancora la disposizione pensata da Sholes. Ma non sempre all’origine di una grande innovazione c’è un design ragionato. Se la capienza dei primi compact disc venne fissata dalla Sony in 74 minuti e 33 secondi er solo perché questa era la durata della Nona sinfonia di Beethoven più amata dai giapponesi.

L'arrivo del walkman
Restando in territorio musicale (e giapponese) come non parlare dell’enorme successo del walkman?  ‘Le grandi innovazioni non necessariamente mettono in campo la tecnologia più nuova e sofisticata’ scrive Bucchi, ‘A contraddistinguerle, non di rado, è la loro capacità di interpretare (e accelerare) le grandi trasformazioni del costume e della società. Una nuova generazione urbana era pronta a rinunciare all’alta fedeltà nella registrazione, in cambio della possibilità di portarsi dietro la propria personale colonna sonora durante la giornata, negli spostamenti o in ambienti affollati e rumorosi’. Senza il walkman, chissà se oggi avremmo gli mp3 e Spotify.

Un salto mentale
Tutto questo potrebbe far pensare che sia necessario essere una grande company per cambiare il corso degli eventi, ma non è così. La storia è piena di invenzioni a basso costo ma dall’impatto epocale: l’uso di disinfettarsi le mani prima di entrare in sala operatoria ha salvato milioni di vite, il filo spinato ha cambiato il modo di costruire muri e fare la guerra, il contropiede ha permesso a squadre povere di tecnica e fisicità di avere la meglio su squadre molto più dotate. A volte tutto ciò che serve è un cambio di paradigma: guardare un problema noto da una prospettiva completamente diversa, fare un salto mentale. Come quello di Dick Fosbury, l’inventore della tecnica “dorsale” nel salto in alto, all’epoca un’innovazione folle, oggi usata dagli atleti di tutto il mondo.

E domani?
Cosa resta da inventare ancora? Secondo alcuni economisti, abbastanza poco. È probabile che con l’innovazione dell’ultimo secolo siano stati colti “tutti i frutti più bassi del paradiso della tecnologia. Secondo altri, invece, il freno all’innovazione sarebbe soprattutto culturale perché benessere e appagamento ci rendono più riluttanti ad affrontare il rischio dell’ignoto. Eppure, nonostante questo, la retorica dell’innovazione a tutti i costi è onnipresente nel dibattito pubblico. Come se ne esce?

Fare innovazione oggi
Questa la ricetta di Bucchi per una nuova cultura dell’innovazione: ‘Il primo passo verso è adottare una nozione ampia di innovazione, che non sia limitata all’introduzione di un nuovo artefatto tecnologico’. Una vera innovazione deve insomma essere considerata non più solo come un precipitato di tecnica e visionarietà, ma come ‘una combinazione di elementi tecnologici, sociali, politici e culturali in cui l’elemento tecnico in senso stretto può essere, al limite, trascurabile, come nel caso dell’introduzione della minigonna negli anni sessanta; ma la combinazione dell’artefatto con un certo contesto sociale, culturale e valoriale può avere un impatto non meno significativo’. Non ci resta insomma che alzare lo sguardo dalle nostre tastiere e abbracciare l’inesauribile, imprevedibile, affascinante e contraddittorio motore di innovazione che è l’essere umano.

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