Ludwig Wittgenstein, il pensiero coraggioso di un filosofo solitario

di Alessandra Iadicicco

Schivo, sfuggente, solitario e (ma solo per impazienza) scontroso, Ludwig Wittgenstein trasse nondimeno dallo scambio con gli altri l’ispirazione per le sue ricerche, la motivazione a proseguirle, l’urgenza di svilupparle e scioglierle dall’originaria enigmatica sinteticità. Le conversazioni intrattenute a distanza e per iscritto con i suoi maestri, i discepoli, gli allievi e gli amici furono per il filosofo austriaco "uno sport vigoroso" scrisse, che aveva "un che di erotico e cavalleresco", il miglior addestramento "a un certo coraggio di pensiero". Così attraverso le lettere, inviate per lo più da Cambridge – la città dove aveva studiato e dove insegnò, dove ritornò a più riprese: dopo la finis Austriae per la quale aveva combattuto da volontario dell’esercito asburgico nella Prima guerra, dopo l’Anschluss al Reich nazista che avviò la Seconda, dopo i vari soggiorni da eremita in Norvegia, Islanda, sulle lande sperdute dell’Inghilterra – emerge il più autentico ritratto intellettuale, professionale e personale di una delle figure più fascinose del pensiero del Novecento.

Lettere 1911-1951 di Ludwig Wittgenstein
Adelphi, 602 pagine, 50 euro

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