Parma-Spal (Ansa, Elisabetta Baracchi)
Calcio

Lo sciopero privilegiato dei calciatori di Serie A per il Coronavirus

Lo spettacolo mandato in onda dal calcio italiano nella domenica delle porte chiuse (destinata quasi certamente a restare l'ultima prima di uno stop chissà quanto lungo del campionato), può a giusta ragione essere definito surreale. Difficile trovare altro termine per un sistema in cui, a pochi minuti dal fischio d'inizio della prima partita, in rapida successione il ministro competente - firmatario solo poche ore prima del Decreto che consente che si giochi - chiede di sospendere il campionato e si (ri)mette a litigare per questioni di dirette televisive che avrebbe potuto risolvere per tempo con un intervento d'emergenza.
E di conseguenza il sindacato dei calciatori, guidato dall'illuminato Damiano Tommasi, reitera la richiesta di stop e poi proclama lo sciopero per motivi sanitari, mentre i giocatori di Parma e Spal si riscaldano, poi tornano negli spogliatoi rifiutandosi di disputare la partita, quindi ricominciano a riscaldarsi e alla fine si arrendono.
Spettacolo surreale e indecente, quanto meno nella tempistica. Perché il campionato di Serie A si può e forse si deve fermare, ma i calciatori professionisti sono cittadini alla pari di tutti gli altri e come tutti gli altri si sono svegliati con un Decreto che ne dettava tempi e modi di svolgimento della pratica quotidiana. Dunque va bene il dibattito anche acceso, va bene chiedere nelle sedi opportune di modificare il via libera al campionato a porte chiuse e va bene qualsiasi timore e conseguente azione a tutela della salute.
Ma cosa succederebbe se domani mattina i sindacati di tutte le categorie lavorative italiane si svegliassero chiedendo ai propri iscritti di non andare a lavorare? Se chiudessero gli uffici pubblici, le Poste, le banche, i negozi di alimentari? Se chi porterà le merci in Lombardia e nelle altre zone chiuse pensasse che gli conviene lasciar stare e rimanere al sicuro? Per non parlare del settore medico e degli eroi che stanno donando un pezzo di vita a tutti gli altri? Già, cosa succederebbe? Semplice. Che se il mondo reale ragionasse come i calciatori sarebbe il caos, l'anarchia. Il blocco del Paese operato da chi pagherà sulla sua pelle il dramma anche economico di questa emergenza. Invece domani gli italiani andranno a lavorare nei modi e nei limiti disposti dal Governo. I calciatori, al contrario, si sono confermati quello che evidentemente sono: una categoria privilegiata, fuori da ogni contesto. E con questo, che il campionato e il calcio si fermino il più in fretta possibile se, come sembra, è la soluzione migliore per tutti.

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