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Il califfato del terrore

Il califfato con Baghdad capitale, Corano e moschetto, mani amputate ai ladri, nemici crocefissi, tasse islamiche, donne chiuse in casa e Occidente nel mirino con l’obiettivo di governare il mondo in nome di Allah. Questo è l’Isis, lo Stato islamico dell’Iraq e della Siria (o Levante): conquistando città dopo città rischia di far esplodere il Medio Oriente.

Nel nome di Allah
Il califfato è uno stato sovranazionale, senza confini, che si espanderà fino a imporre l’Islam in tutto il mondo. Verrà guidato , in nome di Allah, dal successore del profeta Maometto. Non a caso "ci siamo" è il motto dei miliziani della guerra santa che stanno avanzando su Baghdad. Il califfato sarà formato da una federazione di emirati, come i territori conquistati negli ultimi due anni dallo Stato islamico dell’Iraq e della Siria. Per ora si estendono su 500 chilometri e contano 6 milioni di abitanti, ma le mappe degli estremisti sunniti già includono il Libano del nord e metà dell’Iraq.

La battaglia per Baghdad
Abu Mohamed Al Adnani, portavoce dell’Isis, incita i suoi "a marciare su Baghdad senza lasciare respiro" ai nemici. La capitale irachena, centro dell’ultimo califfato prima del saccheggio mongolo nel 1258, è uno storico simbolo. Su Twitter la marcia verso Baghdad è "Ka’s al ’Alam", letteralmente "la coppa del mondo", che richiama volutamente i Mondiali di calcio. Per gli jihadisti sunniti, alleati con gli ex ufficiali di Saddam Hussein, la partita per Baghdad è la rivincita contro la maggioranza sciita, che ha preso il potere dopo l’invasione Usa del 2003.

Più potente di Bin Laden
Il comandante politico-militare degli emirati in Siria e Iraq, che porteranno al califfato, è Abu Bakr al Baghdadi. Classe 1971, nato a Samarra, a nord di Baghdad, avrebbe un dottorato in storia e dottrina islamica. Nel 2003 ha cominciato a combattere gli americani e faceva parte del consiglio di Al Qaeda, prima di venir scomunicato dal nuovo capo Ayman al Zawahiri. In occasione della morte di Osama Bin Laden sostiene di aver scatenato una rappresaglia "con 100 attentati in tutto l’Iraq". Gli americani lo avevano arrestato per rilasciarlo con l’amnistia del 2009, concessa in vista del ritiro dal paese. Per i servizi di sicurezza, al Baghdadi è "l’invisibile". Di lui esistono solo un paio di immagini: una vecchia foto in bianco e nero che lo ritrae stempiato con barba e baffi e una più recente in cui appare imbolsito. Dal 2011 gli Usa hanno messo una taglia di 10 milioni di dollari sulla testa dell’emiro che starebbe diventando più influente di Bin Laden.

Bandiera, usanze e legge
Il vessillo dello Stato islamico è la bandiera nera con al centro la shahadah, la professione di fede islamica: "Non c’è altro Dio all’infuori di Allah e Maometto è il suo profeta". I seguaci del califfato imitano i costumi adottati dai compagni del profeta. Per questo si fanno crescere la barba ma senza baffi (simbolo salafita). E indossano tuniche corte calzando sandali, come ai tempi di Maometto.
Nei territori conquistati viene applicata la versione più integralista della sharia, la legge islamica. Ai ladri viene amputata la mano, ma con il rigoroso controllo di personale medico. Alcol e fumo sono proibiti. Spie o collaborazionisti vengono fucilati, decapitati o crocifissi in piazza, come monito. Sempre in nome della sharia, però, il nuovo stato islamico fa proseliti dichiarando guerra alla corruzione, al traffico di droga e sgominando la criminalità comune. Ai correligionari sunniti che combattono con le forze governative concede di disertare e "pentirsi", altrimenti "la loro unica scelta sarà la morte".

Donne velate e in casa
L’emirato, pilastro del futuro califfato, impone la morale secondo regole precise. Le adultere rischiano la lapidazione e le donne devono portare il velo, che può coprire il capo o l’intero corpo (niqab), come in Arabia Saudita. Lo stato islamico "consiglia" alle donne di indossare vestiti ampi, che non ispirino pensieri sconvenienti, e di uscire di casa solamente se necessario.

I nemici sciiti e cristiani
Per lo stato islamico il nemico da annientare sono gli sciiti, considerati eretici. Il disegno finale del califfato unirà tutti i sunniti eliminando gli odiati apostati, come sta avvenendo con una vera e propria pulizia etnica e religiosa in Iraq. Le esecuzioni sommarie dei soldati sciiti non si contano e Al Adnani, portavoce dell’Isis, loda "Allah che porta il terrore nei loro cuori". Anche i cristiani sono nel mirino se non si sottomettono accettando la legge islamica e pagando la yazija, una tassa per i non musulmani. In varie zone della Siria gli estremisti sunniti del califfato hanno bruciato chiese e perseguitato i cristiani accusandoli di sostenere il regime di Damasco. Il 28 luglio dello scorso anno, a Raqqa, proprio i miliziani dello Stato islamico hanno rapito padre Paolo Dall’Oglio, che da tempo parteggiava per l’opposizione democratica siriana. Il futuro califfato ha anche dichiarato che templi e tombe di religiosi saranno distrutti, come le statue dei Buddha di Bamyan abbattute a cannonate dai talebani.

Amministrazione e tasse
Nelle 16 wilayat, le province di Siria e Iraq amministrate dall’Isis, il primo obiettivo è conquistare i cuori e le menti della popolazione con "il buon governo". A Mosul, seconda città dell’Iraq occupata il 10 giugno, i miliziani dell’Isis hanno ripristinato acqua ed energia elettrica, che arrivavano a singhiozzo. I prezzi vengono calmierati e i posti di blocco, simbolo di soprusi, aboliti. Ma la cosa più importante è il ripristino dei servizi sociali. Gli ospedali, per esempio, riprendono a funzionare grazie a organizzazioni pseudocaritatevoli, che riescono ad attrarre fondi della cooperazione internazionale.
I dipendenti pubblici sono obbligati a tornare al lavoro e i salari livellati. In alcune zone, come Raqqa, primo capoluogo provinciale caduto nelle mani dello Stato islamico in Siria, i combattenti marocchini e tunisini hanno portato al seguito mogli e figli insediandosi in città.
Nessuno sfugge alle tasse islamiche nei territori del futuro califfato. Gli estremisti sunniti sono abilissimi nell’imporre il "pizzo" alle attività commerciali con l’avallo delle tribù locali. Per far digerire il nuovo corso alla popolazione usano un’oliata macchina propagandistica fatta di manifesti, ma anche di sms, tweet, messaggi su Facebook e programmi tv, che fanno capo ad Al-I’tisam, costola mediatica dello Stato islamico.

Finanziati con i riscatti
I primi introiti nelle casse del futuro califfato sono arrivati grazie al rapimento degli occidentali, soprattutto giornalisti e personale umanitario, che hanno fruttato milioni di euro in riscatti. Lo Stato islamico si finanzia anche attraverso il contrabbando del petrolio estratto dai pozzi che cadono sotto il suo controllo. Non mancano donatori arabi interessati a destabilizzare il Medio Oriente. E dopo la conquista di Mosul, lo Stato islamico ha messo le mani su oltre 316 milioni di euro in dinari iracheni delle banche governative.

Legione straniera
Il Da’ysh, nome in arabo dello Stato islamico dell’Iraq e della Siria, utilizza il terrorismo, ma ha obiettivi politici e militari molto complessi. Può contare su un "esercito" di 11 mila uomini tra Iraq e Siria, per un quarto composto da combattenti stranieri. Almeno un migliaio di ceceni e circa 500 volontari di origini islamiche o convertiti provenienti da Europa e Usa inseguono la chimera del califfato. Le vittorie in Siria e Iraq attirano nuove reclute e alleanze con gli ex ufficiali sunniti di Saddam epurati dal nuovo corso sciita. Quando conquista una città l’Isis assalta le carceri per armare i detenuti, come è capitato a Mosul dove ne ha liberati 2 mila.

Occidente nel mirino
Nella Siria orientale in mano allo Stato islamico sono sorti campi di addestramento per i volontari con passaporto occidentale. L’Isis ha già fatto saltare in aria a Baghdad e Aleppo terroristi suicidi britannici e francesi. Se rimandati in patria i kamikaze della guerra santa in nome del califfato potrebbero colpire nelle nostre città.

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