'Le due metà del mondo' di Marta Morotti. La recensione

Lucia, Alfio, Maria e Omar sono una famiglia. O forse lo erano.
Lucia e Alfio si sono trasferiti giovanissimi dalla assolata valle dei templi di Agrigento alla nebbiosa Torino, dove Alfio ha trovato lavoro alla Fiat. Il loro amore è cresciuto e si è intensificato con la nascita di Maria, bambina sveglia e intelligente che ha instaurato con il papà la simbiosi padre-figlia che spesso disturba una mamma.

Ma Lucia ama troppo la sua famiglia e la sua nuova vita fatta di routine e di cose semplici, anche se l’ha portata via da casa sua, per farsi abbattere da questo rapporto preferenziale.
Sarà prima la nascita di Omar a sconfiggerla.
Sarà poi sua figlia Maria a demolirla cellula per cellula.

Le due metà del mondo (Harper Collins Italia) è un romanzo sul dolore di chi non vuole accettare. Una nascita sbagliata, un errore della natura, la casualità. Un destino già tracciato, una quotidianità spesa in nulla, una vira non vissuta. Maria non riesce ad andare avanti, ad essere una ragazza di diciannove anni come le altre. Resta ferma nel suo mondo perfetto in attesa che le ore passino, i giorni la trascinino in una nuova fase della sua crescita, dalla scuola alla fabbrica. Senza riuscire a realizzare il suo sogno.

Solo la costante presenza dell’amico Salvatore, di chi l’ha sempre amata incondizionatamente, di chi l’ha seguita segretamente da anni silente, in attesa che si sciogliesse, realizzeranno quello che a mamma Lucia sembrava impossibile: una nuova nascita e l’aprirsi alla vita. L’andare avanti, superare un dolore che sembrava un muro insormontabile.

Marta Morotti ha scritto una storia struggente, dove lacrime amare scorrono man mano che la lettura avanza, mentre Maria indaga (e indugia) alla scoperta di una nuova sé.

Le due metà del mondo
di Marta Morotti
Harper Collins Italia, 2017

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