Lavoro: se i giovani in Italia lo cercano solo sotto casa

Ecco un altro record europeo di cui avremmo fatto volentieri a meno: secondo una ricerca Eurostat infatti, ben il 60% dei giovani italiani tra 20 e 34 anni, a fronte di una media comunitaria del 50%,  non è disposto a muoversi dalla propria città di residenza per cercare un lavoro.

E questo nonostante i numeri della nostra disoccupazione giovanile siano anch’essi purtroppo da primato continentale, con percentuali medie nazionali tra il 30 e il 35%, e con punte di inattività tra gli under 24 che in alcune zone del Sud raggiungono addirittura il 60%.

Panorama europeo

La scarsa propensione ad allontanarsi dai luoghi in cui si è cresciuti per cercare un lavoro non è in effetti un fenomeno solo italiano, poiché in media, come già ricordato, solo un giovane europeo su due, pur di trovare un’occupazione, è pronto a spostarsi all'interno del suo Paese (21%), in un altro stato membro dell'Ue (12%) o in un Paese extra-Ue (17%).

Ma in Italia, il fenomeno è aggravato, come già evidenziato, da una disoccupazione giovanile che non ha uguali in altri Paesi comunitari. Per questo sorprende maggiormente il dato del 60% di indisponibili alla mobilità. Una situazione tra l’altro, analoga a quella della Polonia e migliore solo a quelle riscontrate a Malta (73%), in Olanda (69%), a Cipro (68%), in Romania (63%) e in Danimarca (62%).

Dove va chi parte

Secondo sempre i dati forniti da Eurostat, tra il 40% di giovani italiani che invece è disposto a partire per un’avventura professionale, il 20% è pronto a traslocare ma solo rimanendo entro i confini nazionali, il 13% sceglierebbe un Paese extra-Ue e il 7% vorrebbe restare dentro i confini dell'Unione.

Da notare inoltre che mediamente nell'Ue il 90% dei giovani occupati ha trovato lavoro senza bisogno di spostarsi dalla sua città. Ma da noi questa quota è ancora più elevata, il 98%, il valore più alto tra tutti i Paesi europei presi in considerazione.

I motivi della scarsa mobilità

Il fatto che in Italia ci sia in generale, e non solo tra i giovani, scarsa propensione alla mobilità per motivi di lavoro è un fatto noto. La ricerca Eurostat, sostanzialmente, non fa che confermare una dinamica che già da tempo dunque si sta cercando di analizzare.

Tra le motivazioni di carattere strettamente economico che più spesso vengono addotte per spiegare questo fenomeno, ci sono sicuramente i livelli troppo alti degli affitti, che spesso scoraggiano il trasferimento, soprattutto nel caso di giovani lavoratori che decidono di lasciare il Sud per il Nord del nostro Paese.

Determinanti poi in generale, sono anche i livelli salariali di carattere nazionale, il cui valore reale, calato a livello locale, spesso diventa un elemento di poca attrazione. Una dinamica quest’ultima analizzata con attenzione in una ricerca apparsa poco più di un anno fa a firma, tra gli altri, di Andrea Ichino e Tito Boeri.

Lo studio si intitolava “Divari territoriali e contrattazione: quando l’eguale diventa diseguale” e metteva proprio in luce il fatto che l’uguaglianza del salario nominale tra Nord e Sud produca spesso una grande disuguaglianza sostanziale nel potere d’acquisto dei lavoratori.

Non è un caso infatti che le tre province con i maggiori salari nominali siano Bolzano, Aosta e Como, mentre le tre con i maggiori salari reali siano invece Caltanissetta, Crotone ed Enna. La dimostrazione più evidenti di quanto al Sud il costo della vita sia nettamente inferiore del Nord. Un elemento questo che appunto può rendere poco conveniente spostarsi per lavoro, se il salario proposto non è adeguato.

Resta il fatto che un lavoro può spesso divenire comunque un’opportunità di crescita professionale e umana, e non solo strettamente economica, e dunque non si può non negare che a influire sulle scelte di tanti giovani italiani, possano essere spesso anche fattori di carattere culturale e familiare, che andrebbero anch’essi studiati e compresi.

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