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La Turchia sceglie ancora Erdogan

Burak Kara/Getty Images
Festeggiamenti da parte dei sostenitori dell'AK Party ad Ankara - 1 novembre 2015
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Sostenitori dell'AK Party festeggiano davanti alla sede del partito ad Ankara - 1 Novembre 2015
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Sostenitori dell'AK Party festeggiano davanti alla sede del partito ad Ankara - 1 Novembre 2015
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Un sostenitore del partito Repubblicano turco mostra tutta la sua delusione e il suo spavento dopo i primi exit poll che segnano la vittoria di Erdogan alle elezioni politiche - Ankara, 1 Novembre 2015

Elhamdülillah, Alleluia. Con questo tweet di una sola parola il premier turco Ahmet Davutoglu commenta i risultati delle elezioni politiche che consegnano nelle mani del partito islamico di Recep Tayyip Erdogan la maggioranza assoluta.

Contro l'ottimismo delle opposizioni e i sondaggi che davano con il vento in poppa gli anti-Erdogan, in Turchia il sultano è risorto dalle ceneri rispetto a cinque mesi fa. Il suo partito potrà tornare a governare senza la necessità di alcun patto di coalizione con altre forze politiche.

L'AKP viene premiato da un'affluenza che supera l'87% e guadagna oltre il 50% dei voti, ottenendo 315 seggi sui 550 dell'Assemblea nazionale. Il primo partito di opposizione, i socialdemocratici del CHP, si fermano al 25% e 134 seggi, mentre gli ultranazionalisti del MHP arrivano al 12%, con 41 seggi.

Deludente il risultato del partito filo-curdo HDP, guidato da Selahattin Demirtas, che a giugno scorso aveva ottenuto un risultato storico (14%), mentre oggi si deve accontentare di aver passato di un soffio la soglia di sbarramento del 10%, conquistando 59 seggi.

È un brutto colpo per le opposizioni turche e per la condizione della democrazia nel Paese della Mezzaluna, ma i dati chiaramente in favore di Erdogan gli impediscono di cambiare l'assetto costituzionale del Paese, per il quale sono necessari 330 seggi e un referendum popolare.

Istanbul. Il presidente turco Erdogan possa per un selfie con un gruppo di sostenitrici del suo partito (AKP)OZAN KOSE/AFP/Getty Images

Migliaia di sostenitori dell'AKP di Erdogan stanno festeggiando la clamorosa vittoria, ma non tutta la Turchia è in festa. A Diyarbakir, cuore dei territori curdi, la delusione per i risultati elettorali ha presto lasciato il campo alle proteste e agli scontri con la polizia.

Lancio di pietre e gas lacrimogeni, in centinaia sono scesi in piazza per manifestare la loro rabbia contro Erdogan e il suo partito. Mentre fuori dal quartier generale dell'AKP ad Ankara in migliaia scandiscono "Allah Akhbar", nelle province curde ci si chiede come mai "Rubano, uccidono e poi vincono comunque", come dichiara un'insegnante in lacrimeal corrispondente del quotidiano The Guardian.

Diyarbakir. Nella città curda scontri e proteste contro la vittoria di Erdogan alle elezioni politicheBULENT KILIC/AFP/Getty Images

Ma come si è arrivati a questo cambio di fronte dopo solo cinque mesi dalle ultime elezioni? È molto probabile che la strage di Ankara e la paura di altri attentati terroristici da parte dell'Isis abbiano pesantemente condizionato la scelta nelle urne.

Molti curdi più conservatori hanno dato il loro voto a Erdogan e così hanno fatto tanti ultranazionalisti. Il trionfo del sultano, che poco prima delle elezioni ha imbavagliato le opposizioni oscurando due canali televisivi critici nei suoi confronti e che in 13 anni al potere ha fatto della democratica Turchia un carcere a cielo aperto per giornalisti e oppositori politici, stasera festeggia il suo trionfo più sofferto, basato sulla paura e che non fa presagire nulla di buono per il futuro dei democratici di Turchia. Ormai Erdogan non ha più limiti. E la comunità internazionale purtroppo resterà a guardare, come ha fatto finora.

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