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RAIGO PAJULA/AFP/Getty Images
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La montagna dei silenzi

Nel tempo della pre-campagna elettorale c'è una clamorosa dimenticanza che riguarda tutti e che tutti hanno paura di nominare. Perché di un mostro parliamo e pure di quelli capaci di terrorizzare anche i più impavidi: il debito pubblico.

La cifra raggiunta, mostruosa appunto, è prossima ai 2.300 miliardi di euro. Il che significa superiore al 130 per cento del Prodotto interno lordo: banalizzando vuol dire che ogni 100 euro prodotti abbiamo debiti per 130 euro. Per gli amanti delle immagini forti il nostro debito equivale a una fila di 151 milioni di chilometri in monete da un euro o se preferite a quasi quattro volte la circonferenza della terra o 15 volte quella della luna.

Questo mostro di debito è una cambiale che pesa sul nostro futuro prossimo, anzi immediato. L'Unione europea ha già battuto i pugni e converrà ricordare il recentissimo schiaffo del vicepresidente della Commissione Jyrki Katainen con l'invito a "essere onesti con i cittadini affinché conoscano qual è la situazione attuale. .. "

Di qui a poco la bombola di ossigeno finanziario che ci ha permesso di non dichiarare bancarotta, e cioè l'acquisto massiccio di titoli di Stato da parte della Bce guidata da Mario Draghi, inizierà inesorabilmente a esaurirsi. Senza quell'ossigeno che abbiamo avuto dal marzo 2015, oggi l'Italia avrebbe un rapporto debito-Pil di poco inferiore al 160 per cento con una prospettiva di tipo "greco" prossima al 180 per cento nel 2020.

C'è solo un modo, virtuoso e non criminale (vedi alla voce "patrimoniale" tanto cara ai 5 Stelle per non dire del prelievo forzoso dai conti correnti), per evitare che la montagna ci crolli addosso: crescere. E tanto. Il nostro 1,5 per cento del 2017 rappresenta davvero poca cosa, al netto del deprimente confronto con gli altri Paesi Ue, dove occupiamo l'ultimo posto in classifica, con una proiezione dell'1,3 nel 2018 e di uno striminzito 1 per cento nel 2019.

Vogliamo farci male? La Germania è riuscita ad abbattere il debito dall'81 per cento del 2012 al 65% del 2016 con una prospettiva che la porterà a meno del 60% nel 2020. C'è riuscita grazie a una crescita che ha resistito anche nel periodo nero (2008-2013) e che negli ultimi quattro anni è stata sempre vicina - o come quest'anno superiore - al 2 per cento.

La situazione è questa: subito dopo le elezioni, la Ue saluterà il nuovo governo con la richiesta di una manovra correttiva di qualche miliardo. E non finirà così. Ci saranno immediatamente da "sterilizzare" le clausole dell'aumento dell'Iva, un fantasma che si ripresenta puntualmente ogni anno e che in caso di innalzamento darebbero una gran batosta ai consumi, dall'acqua minerale all'abbigliamento passando per mobili e calzature.

Con questo scenario sembra davvero di essere su un altro pianeta visto che da noi in cima all'agenda della maggioranza ci sono questioni nobilissime ma un filino meno impellenti come lo ius soli. A meno che come lo stolto non si voglia continuare a guardare il dito e non la luna, quella che circumnavighiamo 15 volte prima di raggiungere la cifra mostruosa del nostro debito pubblico

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