Juventus, questa Champions League è stata un fallimento

L'uscita della Juventus dalla Champions League non autorizza nessuno a definire fallimentare una stagione nella quale è stato vinto l'ottavo scudetto consecutivo e si è confermato un dominio assoluto sul calcio italiano. L'Ajax è passato con pieno merito mettendo a nudo tutti i limiti attuali della squadra di Allegri, ma la valutazione compessiva del lavoro dell'ultimo anno dovrà tenere conto di fattori molteplici e non solo del risultato in quello che era l'obiettivo numero uno per società, tecnico e giocatori.

Nessuno sconto, insomma. Solo il tentativo di non gettare via tutto in nome di una delusione cocente. Fatta la premessa, però, ci sono alcune puntualizzazioni necessarie per evitare che l'eliminazione venga raccontata e analizzata con l'unica chiave di lettura di aver incontrato un avversario superiore. Sarebbe un errore e, mancando la diagnosi corretta, si finirebbe con correre il rischio di non trovare la cura giusta.

Ecco tre spunti di analisi. Non un processo, ma riflessioni aperte lasciate in eredità dalla notte amara dello Stadium:

Andrea Agnelli: "Quest'anno dobbiamo fare il Triplete" | video

Presidente Agnelli, il ranking non basta

Andrea Agnelli ha fatto una scelta forte presentandosi a caldo per dettare la linea del post-eliminazione. In sostanza: merito all'avversario, il processo di crescita del club non si è arrestato e l'obiettivo è riprovarci subito, Allegri confermato perché il giudizio sul suo lavoro è positivo e conta più il cammino fatto in questi anni che la delusione di una notte.

Ecco, proprio questa parte pare la più debole. Nessuno mette in dubbio che la Juventus sia cresciuta dimensionalmente a velocità doppia nell'ultimo quinquennio, colmando in buona parte il gap che la separa dalle big storiche. Però nella stagione dell'all-in europeo non ci si può accontentare della lettura del ranking o della rilevazione notarile che ormai la squadra è stabilmente nelle prime otto d'Europa.

In fondo lo stesso Agnelli la scorsa estate aveva tratteggiato le prospettive in maniera molto più netta, parlando esplicitamente di passaggio "da sogno ad obiettivo" per la Champions League e per il "vincere tutto". I conti non tornano e non può esistere una contabilità parallela che renda più accettabile l'uscita ai quarti di finale.

La spettacolare azione dell'Ajax contro la Juventus

Allegri e una crescita interrotta

Chi scrive è convinto che Allegri sia ormai un tecnico di livello mondiale e, quindi, la Juventus fa benissimo a scegliere di andare avanti con lui. Anzi, averlo annunciato nella serata più difficile della stagione apre un formidabile ombrello sull'allenatore e lo protegge anche in vista del lavoro che lo attende.

Però anche qui qualche considerazione va fatta. Non è solo la sfida con l'Ajax, ma tutta la stagione europea della Juventus è stata complessivamente sotto il livello delle attese, con qualche fiammata (Manchester United e ritorno con l'Atletico Madrid) e troppi passi falsi. Aver perso 4 partite su 10 rappresenta un primato negativo perché mai la Juve si era spinta a tanto.

Ronaldo doveva completare un gruppo che tra Berlino e Cardiff, includendo anche la notte di Madrid un anno fa, aveva dato il segnale di una costante crescita negli impegni di Champions. Invece tutto il quadro è risultato meno attraente, come se il processo di miglioramento si fosse interrotto e la sicurezza trasmessa dal poter schierare il migliore al mondo avesse scaricato il peso della responsabilità dagli altri.

Allegri incluso, visto che il tecnico è l'architetto del progetto e non può essere valutato a parte. Nel bene quando capita e nel male se delude. E' mancato qualcosa a livello di costruzione del gioco e della personalità europea? I troppi infortuni di inverno e primavera si potevano prevenire? Perché la mentalità è parsa inferiore al passato invece di crescere?

Quanti giocatori sono da Juventus?

Ultimo tema, la qualità della rosa. Sostenere adesso che non fosse all'altezza dell'Ajax o della sfida europea è impossibile, ma c'è qualche figura chiave che ha fallito l'appuntamento con il salto di qualità e con la storia. Il nome in cima alla lista è quello di Dybala e la pessima prestazione contro l'Ajax è solo l'ultima fotografia di una difficoltà e di un processo involutivo preoccupante per chi veniva paragonato (indebitamente) a Messi.

La Juventus, poi, si è dotata di due esterni di grande qualità come Cancelo e Alex Sandro salvo scoprire nel momento della verità come fosse necessario cercare un equilibrio differente per colmare le lacune, soprattutto del portoghese, nella fase difensiva. 

La stessa difesa è rimasta ancorata a Chiellini e Bonucci, con quet'ultimo meno sicuro in assenza dello storico compagno. Su Rugani il giudizio può essere definitivo, ma adesso serve investire forte per portare a Torino un top player per il reparto. E a centrocampo giocatori che in Italia fanno la differenza hanno faticato ad emergere nel confronto con i top europei. Era già capitato nelle passate stagioni, ma questo volta le aspettative erano più alte.

Questa, ovviamente, è la lettura critica di una stagione di Champions League fallimentare dal punto di vista sportivo. La Juventus resta anni luce davanti alla concorrenza italiana e competitiva in Europa, però l'esperienza di quest'anno dimostra che per tornare ad alzare la coppa che manca dal 1996 bisogna fare molto di più. Non è un dramma. E' solo la base su cui far partire il prossimo progetto sportivo.

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