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L'Italia politica rinnega l'egemonia moderata. Ma il centro rinascerà

Il 18 aprile ricorre il settantesimo anniversario della storica vittoria che inaugurò il lungo primato della Democrazia cristiana rispetto alla sinistra socialcomunista e all'estrema destra neofascista. Secondo Acide De Gasperi, che ne fu il primo leader, la Dc era un partito di centro che "guardava a sinistra". Dunque, un partito sensibile alle istanze sociali e coerente con la visione progressiva della Costituzione repubblicana.

In fasi diverse muovendo da questa solida centralità operò allargamenti successivi delle alleanze: dai governi centristi a quelli di centrosinistra col Partito socialista, fino alla breve esperienza con quello comunista. Dal punto di vista sociale e culturale la Dc era solidamente ancorata - e a lungo ne trasse linfa e nutrimento - al retroterra cattolico con le sue potenti organizzazioni sindacali, educative, ecclesiali, giovanili. Questo le consentiva di muoversi abbastanza liberamente - cioè in rapporto alla propria intelligenza degli avvenimenti - secondando ora le istanze liberali e mercatiste del capitalismoe degli alleati laici, ora quelle sociali e stataliste di un'economia di ricostruzione e delle istanze socialiste. Questa capacità di aderire al momento storico e al succedersi di fasi economiche diverse conservò alla Dc un primato ininterrotto, fino all'avvento della spregiudicata competizione al centro di Bettino Craxi e fino all'estenuarsi anche di questo modello.

Con il crollo dei muri e il mortale attacco morale e giudiziario al sistema partitico la Prima repubblica finì e con essa il paradigma e il primato del centro. Al suo posto s'impose l'impensabile novità di Berlusconi e di Forza Italia in tutto diversa da ogni precedente schema politico salvo la riproposizione, ancora una volta vincente, seppure in uno scenario segnato dall'alternativa praticabile tra due opposti schieramenti, dell'egemonia moderata e centrista.

Dopo un quarto di secolo anche la seconda Repubblica volge al termine e con essa sembra tramontare anche l'inossidabile egemonia moderata sull'Italia. Ma è davvero così? Le due forze - l'Ulivo e poi il Partito democatico da una parte, Forza Italia e il centrodestra dall'altra - che nella Seconda repubblica si sono disputate la rappresentanza dei ceti medi e il centro del sistema si sono indebolite.

Nuovi protagonisti avanzano. C'entrano il logoramento del potere e dei leader sperimentati. C'entrano l'impoverimento, le insicurezze, lo spaesamento dei ceti medi prodotto da vent'anni di globalizzazione e da dieci di crisi economica e di ondate migratorie. C'entra la rivoluzione dei social media che ha allargato a dismisura la platea degli utenti ma sostituendo all'informazione d'élite - documentata e ragionata - uno scambio interattivo spesso scadente. Eppure, sebbene solo per alcuni sia principio identitario e per molti solo terreno di conquista, il centro politico non è affatto morto. Vorrà pur dire qualcosa se il più premiato dei movimenti antisistema giunto all'anticamera del governo ha scelto di definirsi come il nuovo centro. 


(Articolo pubblicato sul n° 18 di Panorama in edicola dal 19 aprile 2018 con il titolo "Prima o poi il centro dovrà rinascere")

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