Intervista a Ensi: "Ho vinto tutto con il freestyle, ora preparatevi per il mio disco"

E’ il numero 1 del freestyle, l’improvvisazione con le rime che negli ultimi anni ha raccolto un pubblico sempre più vasto in Italia. Jari Vella, in arte Ensi, è uno degli artisti più apprezzati del panorama hip hop italiano. Dopo la gavetta iniziata con il gruppo dei Onemic è diventato un'istituzione della penisola vincendo tutte le gare di freestyle più importanti e laureandosi re indiscusso della disciplina. Un titolo consacrato di recente con il trionfo nel programma Mtv Spit che metteva di fronte i migliori artisti di freestyle della penisola in una sfida improvvisata su argomenti a tema. La vittoria di Spit gli ha anche permesso di condurre gli Mtv Days di Torino, la sua città, dello scorso 29 giugno. Adesso l’attenzione torna sulle canzoni: dopo il mixtape “Freestyle roulette” è prevista a breve l’uscita del suo nuovo disco prodotto dall’etichetta Tantaroba di dj Harsh e Guè Pequeno dei Club Dogo. Panorama.it lo ha intervistato in esclusiva per parlare di musica, società, rugby e della sua crescita artistica e personale.

Che esperienza è stata MTV Spit?

Quando mi è stato chiesto di partecipare a Spit ero dubbioso. Considerando le esperienze precedenti del rap italiano in tv pensavo potesse essere un passo indietro nella mia carriera. Avendo già vinto tutto nelle gare di freestyle pensavo fosse più giusto dare spazio ai giovani. Il progetto di Spit era invece quello di sdoganare il freestyle ad un pubblico più ampio. Inoltre gli argomenti delle sfide erano abbastanza pesanti, non facili da trattare in rima. E’ stato sicuramente un successo che ha avuto un effetto domino su tutto quello che ho fatto dopo.

Come è stato condurre gli Mtv day?

E’ stata un’esperienza meravigliosa. Da qui a dire che Ensi è un presentatore tv però ne passa…  Io sono un musicista e voglio fare questo. Presentare l’Mtv Day è stato stimolante, mi sono occupato di intervallare gli artisti e presentarli con brevi freestyle, ero a mio agio. Avere davanti 35 mila persone è un’emozione unica, inoltre ero nella mia Torino. La maggior parte dei fan, soprattutto quelli delle prime file, erano lì per il rap italiano. E’ una dimostrazione ulteriore di quanto questo genere stia funzionando alla grande in Italia. Inoltre ho conosciuto persone fantastiche come Angela Raffanelli, che ha condotto la trasmissione con me e Marracash. Spettacolare anche gli artisti dal vivo, sono rimasto particolarmente impressionato dal live di Giorgia.

Come spieghi il successo della musica hip hop in Italia negli ultimi anni?

Penso che era un passaggio scontato, soprattutto considerando il periodo della società in cui viviamo. I ragazzi non vogliono più ascoltare le frasi fatte del pop che, a parte poche eccezioni, girano sempre intorno alle solite quattro parole. Adesso il rap è il genere più ascoltato dai giovani, quando ero ragazzino io invece mi sentivo una mosca bianca. E’ diventato il genere musicale più diretto, l’unico che nei brani dice cose interessanti. La società di adesso ha bisogno della musica rap. Dicono che siamo i nuovi cantautori ma è una definizione che mi dà fastidio: noi siamo rapper, siamo cronisti, è una cosa diversa dal cantautorato. La verità è che non ci sono più i cantautori ma noi abbiamo un ruolo completamente diverso. L’Italia si sta finalmente uniformando ad uno standard internazionale che va da anni, nella maggior parte dei paesi gli artisti hip hop sono i più ascoltati.

Esiste sempre un attrito forte tra chi dice di preservare l'origine dell'hip hop e chi invece è più "commerciale". Raige ha detto che i compromessi fanno parte della vita e che chi non scende a compromessi, in qualsiasi ambito, vive in un mondo di fantasia. Tu che ti sei definito "tamarreal" come spieghi questa cosa?

Io mi sono creato un background hip hop, in un periodo dove l’hip hop interessava a pochissime persone. sono cresciuto in un quartiere dove si ascoltava quasi solo Molella e Fargetta. Io prendevo il pullman per andare nei pochi locali che facevano musica rap. Sono l’unico vero rapper cresciuto in mezzo agli zarri e non il contrario. La storia dell’hip hop italiano non è nata cinque anni fa ma adesso chi è interessato può trovare di tutto.  Un tempo per avere news sull’hip hop esisteva solamente il magazine AL (Alleanza Latina), e poche altre risorse, internet non c’era. Io sono cresciuto imparando dai racconti dei vecchi seduti intorno al fuoco, grazie anche a gente come dj Double S che mi ha insegnato l’amore per i grandi di questa musica. Tuttavia non bisogna condannare i ragazzini che non si studiano la storia del genere. Per me la conoscenza è fondamentale perché sono innamorato di questo genere, ma non deve essere così per tutti. E’ importante conoscere la storia, ma è altrettanto importante aggiungerne un pezzo. L’hip hop è un movimento della musica contemporanea e la differenza la farà chi riuscirà ad espanderlo il più possibile verso il pubblico. Sarà la musica a decidere chi è underground o commerciale.

Stai preparando il tuo nuovo album puoi darci qualche anticipazione?

Già il mio video “Numero 1” è stato un’anticipazione di alcune sonorità che si potranno trovare. Voglio un album di rap che arriva dal rap e di hip hop che parla di hip hop. Coinvolgerò diversi produttori, anche giovani e meno famosi. Siamo al lavoro per finirlo in tempi brevi e nel frattempo mi preparo andando in tour con dj 2P.

Nella prima intervista della nostra rubrica abbiamo chiesto a Raige chi, secondo lui, sarebbe l'artista hip hop italiano capace di avere successo anche sul maxi schermo sulla scia di Will Smith. Ha risposto te, lo faresti?

Sono convinto che se arrivasse un regista con un’idea interessante tutta la scena hip hop italiana parteciperebbe entusiasta. Però se si continua a proporre lo stereotipo del rapper di strada che fa lo spacciatore si sbaglia di grosso. Credo che un personaggio come Clementino sarebbe bravo a fare qualcosa in tv, più o meno seria che sia. Io stesso non nego che mi piacerebbe fare qualcosa nel mondo del cinema, per ora sto facendo radio.

Da ragazzo giocavi a rugby, quali sono le tue altre passioni?

Ho giocato in diverse squadre minori vivendo anche un’esperienza in una giovanile di una di serie A. Amo il rugby, l’ho sempre seguito. Tempo fa su un aereo per Parigi ho conosciuto uno dei fratelli Bergamasco, gli ho lasciato il mio disco ed è nato un rapporto d’amicizia tramite twitter. E’ uno sport che consiglio a tutti i giovani, ti fa fare le ossa anche a livello mentale e aiuta molto fisicamente. A molti appare come una rissa per un pallone ma nel rugby ci sono grandi valori ed è una vera esaltazione del gioco di squadra, bisogna sacrificarsi in favore dei compagni. E’ un riassunto di come dovrebbe essere la nostra società.

Nonostante le tante offerte di contratto che avevi alla fine hai firmato per Tantaroba, la label di dj Harsh e Guè Pequeno. Come mai questa scelta?

Avevo già collaborato con dj Harshper “Push it real” (una serie di serate hip hop che portiamo avanti con successo ancora oggi) e si era creato un certo feeling. Quando mi è arrivata la proposta di Tantaroba ero in periodo pieno di offerte, ho scelto la realtà più forte. E’ un’etichetta indipendente con un’esperienza nel settore che lemajor invidiano. Per quello che riguarda l’hip hop, a parte alcune eccezioni, gli investimenti delle grandi firme discografiche non sono mai andati benissimo. Questo perché troppo spesso la major non ha un vero interesse a sviluppare un progetto con un’artista e come dice Marracash, a volte “fai solo un giro sulla giostra e poi scendi”. Prima le major facevano contratti anche per tre dischi: il primo poteva non andare bene, il secondo migliorava e il terzo era quello del boom. Adesso gli accordi contrattuali possono cambiare anche solo se il singolo disattende le aspettative. Ho scelto Tantaroba perché conosce il settore e al suo interno ha artisti diversi tra loro come il sottoscritto, Fedez e Salmo oltre alla giovane realtà di Troupe d’Elite. La forza di Tantaroba è il booking e il management che lavora in un territorio che conosce bene: senza esagerare è un progetto ambizioso sullo stile di Cash Money, l’etichetta americana dei fratelli Williams. Il rap italiano gestito e promosso nell’ambiente in cui è radicato, è il 2.0 della discografia.

Quale è l'ultimo album che hai ascoltato?

Ho molto apprezzato #Bypass, il nuovo album di Stokka e Madbuddy. Interessante soprattutto per le produzioni. Poi c’è l’ultimo disco dei Club Dogo: sono riusciti a dare un quadro generale del rap italiano attuale mischiando diversesonorità.

Che artisti vuoi segnalare?

Sicuramente Killa Soul, gruppo di Palermo che ha come produttore Big Joe, uno dei migliori produttori italiani. Ho collaborato a lungo con loro, collaboreremo ancora. Sono un fan, è il mio gruppo preferito.

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