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India: abusi su centinaia di donne nella sanità

Bihar, India, anno 2012. Svariate cliniche private (termine che da quelle parti può indicare anche uno stanzone con un medico e un paio di infermieri) sono sotto accusa per il reato di mutilazione, compiuto ai danni di giovani donne, cui è stato rimosso l'utero.

Il movente è, come spesso accade in questi casi, l'avidità e le condanne stanno iniziando ad arrivare dalle corti indiane. È stato accertato, infatti, che in centinaia di casi a giovani donne siano state diagnosticate gravi patologie all'apparato riproduttivo, curabili solamente con un intervento di isterectomia.

La diagnosi e l'intervento, però, non erano basate su reali malattie, ma solo sul desiderio di riscuotere i rimborsi dell'assicurazione pubblica che il governo ha da poco creato in favore delle donne indigenti.

Per le più fortunate, alla diagnosi fasulla segue un intervento altrettanto fasullo: anziché l'utero, vengono rimossi altri organi meno importanti, oppure viene semplicemente praticata un'incisione che possa sembrare la cicatrice di un'operazione chirurgica.

La dimensione del fenomeno è terrificante: un'indagine compiuta su 2606 donne sottoposte all'intervento ha rivelato che ben 316 erano perfettamente sane. Considerando che negli ultimi due anni l'isterectomia è stata praticata a cinquantamila persone, il numero delle vittime potrebbe essere enorme: se le proporzioni sono quelle del campione analizzato, potrebbero essere stati effettuati seimila interventi a vuoto.

Il tutto per un pugno di rupie. Il rimborso massimo, infatti, non supera i quattrocento euro. E' questo quindi il prezzo di una mutilazione inflitta a persone povere e indifese, in qualche caso convinte con mezzi poco ortodossi o con l'offerta di una modesta somma di denaro a recarsi in queste cliniche dell'infamia.

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