Il Pd berlusconiano che sogna Matteo Renzi

Silvio Berlusconi segretario del Pd. Strano ma vero, o almeno verosimile. Con Matteo Renzi sempre più vicino alla candidatura alla segreteria se non alla guida del governo, anche il Pd diventa berlusconiano.

Rileggendo le interviste che Renzi dissemina , sembra quasi di ripercorrere il progetto del Cavaliere: un partito leggero, pensante invece che pesante, formato dai sindaci (ricordate? era questa una delle più gettonate ipotesi di Berlusconi nella preparazione dell’ultima campagna elettorale). Un partito in grado di rottamare l’apparato, e frequentato per lo più da giovani. Un partito aperto, non chiuso nelle vecchie ideologie, non serrato nelle mura del suo castello e nei feudi dei capicorrente.

Nulla di nuovo nel programma di Renzi. È Berlusconi nella sua forma originaria. Con lo smalto del sindaco all’arrembaggio di un partito che è l’esatto opposto del berlusconismo.

Berlusconi subentrò ai vecchi partiti, al pentapartito, ereditandone gli elettori, il bacino moderato. Renzi subentrerà al Pci-Pds-Ds-Pd, magari con lui il Pd cambierà anche nome. E vorrebbe ereditarne il popolo. Con una difficoltà: la maggioranza di chi vota Pd odia Berlusconi, non a caso quel senso di repulsione verso Matteo che ancora si avverte nelle sezioni democratiche nasce dal suo dna da Cavaliere (anche lui in camicia nera).

È un po’ la Nemesi di Berlusconi, che s’incarna in vita nel giovanilismo renziano e rischia di vincere nel momento in cui molti è dato per finito. Come? Colonizzando il territorio nemico attraverso la mutazione genetica della sinistra. Ma Renzi ha una sola chance di appropriarsi del Pd: far leva sul desiderio smodato della base e dei maggiorenti del partito di forzare la porta della stanza dei bottoni, elettoralmente inespugnabile. In pratica, per vincere il Pd deve trasformarsi in Forza Italia.

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