Il narcisismo triste del seduttore Wagner, Leporello di sé stesso

Può essere istruttivo leggere le lettere di Wagner a Mathilde Wesendock, sua amante al tempo del primo matrimonio con Minna Planer (10 anni prima dell’incontro con Nietzsche).

Il narcisismo di Wagner, il suo erotismo manipolatore e la sua tracotanza cerebrale vi toccano vette da manuale:

«Lei sa, bimba mia, che il mio io non guarda né a destra né a sinistra, né avanti né indietro: il tempo e il mondo mi sono indifferenti e soltanto una cosa mi muove: il bisogno di sgravare la mia anima; e con questo lei sa anche ciò che unicamente mi può stare, davvero, a cuore: (…) il successo delle mie opere e le situazioni che creo, e l’importanza di ciò che posso essere».

Lei lo adora. Lui ne è lieto, come per qualcosa che sta nel posto dove deve stare, ma non felice: «Io sono, per esempio, festeggiato da tutte le persone intelligenti, e tutti credono che io debba navigare nella felicità e nel benessere perché ciò che si reputava incredibile è stato raggiunto. E pensi – io non sono mai stato così tediato della cosa e, ad ognuno che si congratula con me, mostro esasperato i denti. Io son così! Nessuno opera secondo i miei intendimenti e nessuno mi soddisfa. Allora mi si abbandona a me stesso e questo è ciò che, alla fine, mi piace».

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