Il Decreto rilancio e la farsa del governo dei ritardi

E meno male che doveva essere un decreto di massima urgenza. Siamo passati dal "fate presto" al "fatevi vivi". Sui giornali non sanno più che parole usare: "imbarazzo", "disagio", "sconcerto". La tragedia sta drammaticamente scivolando nella farsa. Passano i giorni ma il provvedimento che dovrebbe attaccare il respiratore all'economia nazionale ancora non c'è. In compenso poco fa è arrivata una nota di Palazzo Chigi: "Stiamo lavorando senza sosta". E ci mancherebbe. Se lavorassero pure con le soste, tireremmo fino a Natale.

Il decreto è come la tela di Penelope: ciò che Gualtieri cuce di giorno, Di Maio e Renzi scuciono di notte. Per adesso c'è accordo solo sul nome: il fu decreto aprile, poi ribattezzato decreto maggio, assume l'etichetta definitiva di "decreto rilancio", così almeno ci smarchiamo dal calendario. Ma per il resto, non ne sappiamo nulla: quanti soldi a fondo perduto arriveranno alle piccole imprese? Di quanto verrà sforbiciata l'Irap? Quanto corposi saranno gli aiuti alle famiglie? Come si articola il reddito di emergenza? Purtroppo si procede nel solito modo: tramite indiscrezioni stampa. Ieri spifferano che ci sarà un contributo per i monopattini, oggi si fa filtrare che verrà messo in vendita il patrimonio immobiliare dello Stato. E domani chissà. Sarebbe bello poter leggere una manovra chiara, fondata su tre-e-dico-tre pilastri portanti: l'entità dei prestiti alle aziende, le regole per la riapertura degli esercizi commerciali, gli aiuti a chi non ce fa. Invece quella in incubazione pare essere una bibbia di 500 pagine: con poche idee ma confuse.

E questo accade anche perché i partiti della maggioranza vivono in un fuso orario sfalsato rispetto alla crisi: dunque traccheggiano, si divertono a porre veti incrociati, inseriscono di soppiatto marchette elettorali come i bei tempi di una volta, piantano bandierine come nel risiko, dimentichi che là fuori gli italiani non vivono in un gioco da tavolo: si combatte una guerra vera. A marzo la produzione industriale è scesa di un terzo, il fatturato delle aziende quest'anno cadrà del 18%, gli imprenditori del turismo in ginocchio lamentano: "Dal governo non arriva un aiuto".

Il parto travagliato potrebbe terminare a ore: ma ormai vatti a fidare. Dal giorno dopo, potremo finalmente cominciare a giudicare, nel bene e nel male, la cura per l'economia. Sperando che, per allora, il malato sia ancora in vita.

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