Ibrahimovic, il re del Milan

Se ancora non si fosse capito, ha provveduto Giorgio Furlani a chiarire in maniera plastica quanto sia unica e centrale la posizione di Zlatan Ibrahimovic nel Milan del presente e del futuro. "Non fatemi domande di tecnica, quelle le dovete fare a Zlatan" è la risposta standard di colui che, organigramma alla mano, è pur sempre l'amministratore delegato del Milan, la punta di un gruppo di lavoro ridisegnato da Gerry Cardinale nelle ore del licenziamento di Paolo Maldini con l'indicazione per tutti di riportare direttamente al dirigente più alto in grado. Cioè Furlani stesso.

Un organigramma in cui Zlatan non compare visto che il suo rientro nel mondo milanista è avvenuto restando fuori dalle stanze di via Aldo Rossi, con un ruolo di senior advisor della proprietà RedBird. La realtà è differente ed è emersa nelle pieghe di tante situazioni della seconda parte della stagione, fino a quando il velo è stato strappato definitivamente. Ibrahimovic è e sarà il Milan, a lui toccheranno tutte le scelte operative sportive che disegneranno il prossimo progetto a cominciare dalla decisione sul destino di Stefano Pioli.

Gerry Cardinale lo aveva anticipato presentandolo ufficialmente a inizio marzo a Londra, a una tavola rotonda organizzata dal Financial Times: "E' il mio proxy a Milano, ha l’autorità di essere la mia voce coi giocatori, con lo staff tecnico e a Casa Milan". Come dire, gli ho consegnato le chiavi dell'azienda e gli altri si adeguino anche se facendo valere le rispettive competenze visto che all'ex bomber svedese manca la parte di know how legata alla gestione economica della società che è centrale per il fondo made in USA.

Resta da chiedersi perché una tale investitura non sia stata accompagnata direttamente dalla certificazione di un ruolo dentro il club. Di fatto il Milan è in mano a un consulente esterno e questa rappresenta un'anomalia che lascia spazio alle interpretazioni più maliziose, ad esempio alla necessità di Cardinale di non toccare almeno formalmente gli equilibri del management interno. Dettagli, non urgenze. Quelle rimandano a cosa farà Ibrahimovic del Milan della prossima stagione, a quale margine di manovra avrà nel convincere Cardinale a investire qualche soldo in più rispetto al passato e a quali siano i suoi orientamenti sulla panchina.

La posizione di Pioli è legata ai risultati dell'ultimo tratto di stagione. Anche dovesse andare bene, Zlatan dovrà spendere tutto il suo carisma per far digerire a parte del mondo milanista l'eventuale conferma di un allenatore che, malgrado lo scudetto del 2022 e la semifinale di Champions League, viene considerato ancora non un top. E che è a Milanello dall'autunno del 2019. Dovesse decidere per il divorzio, Ibrahimovic si troverà al bivio. Un nome 'debole' lo farà percepire come allineato alle strategie minimaliste di Cardinale (altro tema delicato per chi sogna un Milan in fretta al top), l'arrivo di Antonio Conte o simili, invece, sarà una sorta di all in personale e di gruppo.

La storia recente dei rossoneri dice che i grandi ex calciatori lanciati in prima fila nella gestione del mercato hanno faticato all'inizio, commettendo non pochi errori. Zlatan dovrà confermarsi diverso anche in questo perché, ora che i conti sono stati risanati, il Milan è chiamato a passare di livello e dalla prossima estate tornare a lottare davvero per lo scudetto. Un altro anno a distanze siderali dalla vetta non potrebbe essere accettato, a maggior ragione se in calce portasse la firma dell'uomo che è abituato a vincere sempre.

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