Gabriella Pession: "La porta rossa sorprenderà tutti"

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Lino Guanciale e Gabriella Pession
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Lino Guanciale
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Gabriella Pession
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Ettore Bassi
ANSA/ALESSANDRO DI MEO
Gabriella Pession e Lino Guanciale

Da eroina delle fiction-melò a protagonista di progetti dal respiro internazionale. In meno di dieci anni la carriera di Gabriella Pession ha fatto una crescita inaspettata: dosando ambizione e passione, l’attrice ha messo un piede nelle produzioni americane, tra cinema e grandi serie, concretizzando così il sogno (espresso e quasi mai realizzato) di molti artisti. In attesa di dedicarsi a teatro, con uno spettacolo di cui ha acquistato i diritti, torna in tivù con La porta rossa - un noir adrenalinico in sei puntate ideato da Carlo Lucarelli e Giampiero Rigosi - la nuova serie di Rai 2 di cui è protagonista con Lino Guanciale. All’investigazione classica, questa volta si aggiunge un elemento sovrannaturale: il commissario Cagliostro muore dieci minuti dopo l'inizio, ma indaga sul suo stesso omicidio e rinuncia ad andarsene dal mondo per salvare sua moglie Anna, interpretata proprio dalla Pession. Ecco cos’ha raccontato a Panorama.it l’attrice a poche ore dalla prima puntata.

Gabriella, partiamo da una premessa fondamentale: chi è Anna Mayer?

Innanzitutto diciamo che La porta rossa non è la classica fiction, un po’ per il tocco noir un po’ per l’argomento, legato al paranormale. Il protagonista, il commissario Leonardo Cagliostro, viene ammazzato nei primi dieci minuti della prima puntata e Anna, un magistrato di quelli tosti, rimane vedova: lui muore quando ci sono ancora tanti non detti, così lei scoprirà cose ambigue, si porrà un sacco di domande, proverà a capire se esiste qualcosa dopo la morte.

La porta rossa è una serie decisamente insolita per i canoni della Rai.

È il linguaggio a essere moderno ed è un passo in avanti coraggioso. Nel racconto c’è il paranormale e c’è l’elaborazione del lutto, affrontata come mai era stato fatto prima in Italia: non c’è la cifra da cartone animato e la regia è molto moderna tanto che l’hanno venduta all’estero, attraverso StudioCanal. Il fatto che questa fiction abbia colpito il mercato straniero è significativo. Lo stile ricorda quello di Happy Valley e delle grandi serie straniere.

L’impressione è che sia uno dei ruoli più importanti della tua carriera: è così?

Assolutamente sì, molto diverso da tutti gli altri. L’aspetto umano e universale è centrale, così come la cifra realistica e cruda: mettere in scena la “sensorialità” ed esprimere la solitudine non era cosa facile. Anche per questo sarò poco truccata e poco pettinata, perché l’esteriorità in questa serie conta relativamente. 

Come ti sei preparata per questo personaggio?

Di solito i tempi sono brevi, questa volta invece ho avuto la possibilità di lavorarci con più calma. Ho avuto la fortuna di poter muovermi all’interno del mio spazio in maniera quasi teatrale, pur girando in uno spazio reale. Abbiamo girato a 19 settimane su 20 la notte, a Trieste, con piani di fuga molto autentici e sul set è accaduto qualcosa di molto insolito, c’era un’atmosfera speciale.

In La porta rossa si riforma la coppia Pession-Guanciale, tra l’altro.

Io e Lino abbiamo lavorato assieme diverse volte, ultimamente nella fiction Il sistema. Sono contenta che ci sia lui, perché è l’attore giusto: ci voleva una persona che entrasse nel progetto in maniera viscerale e lui ci è riuscito.

Nel 2012 sei stata scelta dal creatore di Criminal Minds, per la serie internazionale Crossing Lines, e sei tra le poche attrici italiane che lavora anche all’estero. Hai in ballo nuovi progetti?

Ho un agente in America e sono sempre in contatto con lui, anche se ora sono mamma e non posso passare sei mesi l’anno a Los Angeles. Sono stata due volte ad un passo dal concretizzare dei grossi progetti, che poi non sono andati in porto. Ero stata presa per ua produzione importante, ma alla fine hanno tagliato il ruolo, mentre all’ultimo hanno scelto un’altra attrice per interpretare la moglie di Albert Einstein in The Genius, la nuova serie del regista Ron Howard.

I fallimenti ti destabilizzano?

No, perché sono stata una pattinatrice a livello agonistico e sono abituata a perdere: la vita è un percorso ad ostacoli, io vado avanti come un caterpillar. Sono fatalista e oggi sono soddisfratta di quello che ho costruito.

Tra qualche mese torni poi al tuo vecchio amore, il teatro, con lo spettacolo "After Miss Julie", una pièce basata sulla storia di August Strindberg e scritta da Patrick Marber. Di che si tratta?

Ho acquistato i diritti di questo spettacolo perché mi ha conquistato. Con Giampiero Solari ne faremo una rivisitazione puntando su un linguaggio moderno e tagliente, con un personaggio struggente che porteremo in scena al Teatro Franco Parenti. Sono contenta di tornare a teatro, lì dove sono partita.

L’8 marzo andrà invece in onda sulla Rai il film “L’amore rubato”, tratto da un libro di Dacia Maraini, di cui sei una delle protagoniste.

È un film scomodo e doloroso, che parla di violenza sulle donne: non si vede la brutalità, ma è comunque terrificante. È la seconda volta che lavoro a un progetto legato a Dacia e ho accettato a scatola chiusa, anche perché collaboro da anni con una onlus che si occupa proprio di violenza sulle donne e bambini.

Prima invece hai citato il pattinaggio. Sei stata una delle giurate di Notti sul ghiaccio, con Milly Carlucci: rifaresti quell’esperienza?

Non sono snob e detesto gli snobismi. Io sono innamorata del pattinaggio e ho voluto fare qualcosa di leggero, fuori dal mio percorso: mi sono diverta molto, ho rimesso i pattini dopo vent’anni, e se lo rifacessero direi subito di sì.

Il tuo sogno professionale nel cassetto?

Sto scrivendo il pilot per una serie da realizzare tra l’Italia e l’Irlanda, tutta girata in inglese: dopo tanti anni di carriera, vorrei avere un controllo diretto sul mio lavoro e non mi dispiacerebbe diventare produttrice.

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