F35
(Ansa)
Difesa e Aerospazio

Fusione dei programmi Tempest e Fcas: l'Italia vorrebbe mediare rischiando di perdere troppo

L'agenzia tedesca Reuters riporta una dichiarazione del generale Luca Goretti, capo di Stato Maggiore dell'Aeronautica Militare, secondo la quale i programmi Tempest e Future Combat Air System (Fcas), ovvero i due progetti europei (uno soltanto in senso geografico) per costruire i nuovi caccia da combattimento di sesta generazione alla fine si fonderanno in un unico grande programma per la Difesa. A spingere verso questa possibilità sarebbe il momento storico che vede i membri dell'Unione Europea andare verso una più stretta cooperazione a proposito di difesa comune, pur senza indebolire i legami che talune nazioni hanno con la Nato. E pare che Goretti abbia anche dichiarato che l'Italia potrebbe fre da ponte tra la Nato e l'Europa, avendo Roma aderito al Tempest e non allo Fcas perché sentiva di poter svolgere un ruolo più importante rispetto al programma franco-tedesco-spagnolo incentrato su Airbus (della quale non siamo soci) e la 100% francese Dassault. Secondo quanto riferito da Reuters il generale italiano avrebbe specificato che con i due programmi attualmente nella loro fase concettuale è normale che inizialmente ogni nazione valutasse le opzioni sulla tecnologia da scegliere e sulla quale investire.

“Ma è naturale che queste due realtà si fondano in una, perché è impensabile investire ingenti risorse finanziarie in due programmi equivalenti”, ha detto Goretti ai membri delle commissioni parlamentari di difesa. Il progetto Tempest che include Bae Systems, Rolls-Royce, il produttore europeo di missili Mbda e la parte britannica di Leonardo, ha un budget di due miliardi sterline ricevuti dal governo britannico fino al 2025, più altri 800 milioni di sterline messi dalle società per le attività dello stesso periodo. Dunque mentre la Gran Bretagna lavora sul Tempest in vista della sostituzione dei suoi caccia Eurofighter Typhoon dal 2040, Francia, Germania e Spagna stanno lavorando al progetto rivale Fcas per sostituire il Rafale francese e gli Eurofighter tedeschi e spagnoli.

L'idea di mettere a fattore comune i due programmi è tuttavia antica quanto le velleità dell'Unione di avere una difesa comune, e seppure il pensiero di disporre di più denaro solletichi anche i francesi, questi nel concreto non hanno mai voluto prendere parte a programmi per caccia sui quali non potessero controllare tutti i processi e le tecnologie. Accadde con il Mirage 2000 quando noi facemmo il Tornado, e ancora con il Rafale quando il resto d'Europa fece l'Eurofighter Typhoon.

Parigi infatti pensa già a uno Fcas per il mercato interno e a uno per l'esportazione verso i Paesi amici come la Grecia, alcuni degli Emirati Arabi e parte dell'Est Europa, dove fa concorrenza alla Russia. Poi a pesare sul piano politico e diplomatico c'è la Brexit, mentre su quello industriale inglesi e svedesi sarebbero tranquillamente in grado di costruire il Tempest anche senza di noi. Infine la storia recente, con il programma Aukus per i sommergibili nucleari tra Australia, Usa e Gran Bretagna, ci insegna che la cooperazione per la difesa comune europea non è certo una priorità per Londra. Dunque confluendo nel progetto con Airbus e Dassault l'Italia potrebbe forse risparmiare soldi ma perdere sul piano dello sviluppo di competenze e di nuove tecnologie. Il forse è doveroso poiché la storia, appunto con i programmi Tornado e Eurofighter, ci ha insegnato che più grande è il pachiderma industriale coinvolto nei progetti, minore è l'efficienza in termini di costo della tecnologia. E la dimostrazione sta nel fatto che non possiamo fare a mano degli F-35 (e meno male che li assembliamo a Cameri, vicino a Novara, per tutti gli utilizzatori europei) anche se costruiamo gli Eurofighter. Offrendoci come mediatori per la fusione dei due programmi rischiamo grosso, ovvero in caso di fallimento aumentano le possibilità di mandare all'aria la nostra partecipazione al Tempest, praticamente l'unica buona idea strategica dopo l'aver voluto la fabbrica Faco in Italia. Insomma i sogni europeisti hanno un costo sempre più alto, che non possiamo permetterci.

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