Freeboys: "Vi raccontiamo la nostra avventura a X factor"

Neppure il tempo di metabolizzare l’eliminazione da X Factor7 che i Freeboys già sono stati travolti da un vortice di impegni: prima un’intervista a Radio Deejay – chez Alessandro Cattelan, sommerso da un mare di critiche positive per la sua ottima conduzione – poi un bagno di folla al Punto Enel per l’incontro con i fans adoranti (soprattutto ragazze, va detto) e via in studio di registrazione per la compilation di X Factor. I tre giovanissimi artisti (Kevan e Enrico hanno diciassette anni, Simone sedici), già volti conosciuti per gli aficionados di Io canto, ora sono pronti a sfruttare il trampolino di lancio offerto dal talent di Sky Uno. Enrico racconta a Panorama.it impressioni a caldo e obiettivi futuri.

Enrico, affrontiamo subito la ‘questione pregiudizio’: esiste davvero una diffidenza in Italia verso le boy band?

Purtroppo sì, anche se noi ci consideriamo semplicemente un gruppo vocale e cerchiamo di non rifarci a nessun modello. Non abbiamo ancora ripreso il contatto con la realtà esterna e non sappiamo molto delle polemiche esterne, ma già in studio avevamo captato questo pregiudizio: il pubblico in certi frangenti era poco morbido e a tratti persino restio nei nostri confronti.

Durante la diretta è successo qualcosa in particolare?

Giovedì, ad esempio, mentre andava in onda l’rvm su di noi il pubblico rumoreggiava e all’inizio dell’esibizione era piuttosto freddo: poi devo dire che mentre cantavamo l’atmosfera si è sciolta e l’applauso finale è stato caloroso. Per certi versi è un po’ quello che è successo con Morgan.

Anche lui aveva una certa visione su di voi che poi ha cambiato in queste settimane?

Sì, anche Morgan era un po’ dubbioso ma poi si è ricreduto e in parte ci ha rivalutato. Se il nostro percorso fosse durato di più, forse avremmo demolito tutti i preconcetti e il pubblico avrebbe cambiato idea.

Simona Ventura invece vi ha sempre difeso, buscandosi anche i fischi e le critiche del pubblico durante l’ultima puntata.

Abbiamo sempre avuto una grande ammirazione nei confronti di Simona, che ha trattato noi e gli altri gruppi come fossimo suoi figli: anche artisticamente si è creato un rapporto molto intimo e ci ha trasmesso una grande carica di energia.

Tracciamo un piccolo bilancio: che esperienza è stata per voi X Factor?

Impegnativa e bellissima: peccato che sia durata così poco (dice ridendo). Dal punto di vista professionale, straordinaria: abbiamo imparato moltissimo e lavorare con Paola Folli, la nostra vocal coach, è stato davvero incredibile perché lei è una grande professionista. Umanamente X Factor ci ha dato molto e si sono creati dai bei rapporti, in particolare con gli Street Clerks, con cui c’è una buona affinità artistica. Nel loft tra l’altro siamo stati benissimo: a detta di tutti quelli che lavorano al programma, quello di quest’anno è uno dei cast più tranquilli di sempre e devo dire che non si respirava né competizione né rivalità.

Il momento più bello sul palco dell’Arena di X Factor?

Quando abbiamo cantato Let me entertain you di Robbie Williams: l'abbiamo vissuta un po’ come una corsa sfrenata controcorrente, ma abbiamo tirato fuori una grinta e una carica di energia che ci ha galvanizzato.

Che ne sarà ora dei Freeboys? Avete già qualche progetto per il futuro?

Prima di tutto dobbiamo tornare nel mondo ‘reale’, dal quale siamo stati lontani per qualche settimana. Vogliamo mettere ben a fuoco la nostra strada artistica e raggiungere gli obiettivi che ci prefiggeremo. Le critiche? Seguiremo i consigli che ci ha dato qualche ora fa Roberto Vecchioni, che abbiamo incontrato in studio di registrazione: ci ha detto di mettere in conto tutto, anche i giudizi più duri, ma di non farci scalfire troppo. Mi sembra già un ottimo punto di partenza.

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