Così la Francia difende la sua industria dell'auto (noi un po' meno)

Non ci sono particolarmente simpatici, ma in alcune cose i francesi sono molto più bravi di noi. Prendiamo la politica industriale. Non solo loro producono acciaio senza che gli impianti vengano sequestrati dai giudici, utilizzano senza problemi l'energia nucleare e hanno una compagnia di bandiera che fino alla crisi del 2020 macinava utili. Ma, udite udite, credono nell'industria dell'auto e riescono ad avere ben due gruppi (Renault ed ex Psa, ora Stellantis dopo l'unione con Fca) che producono veicoli di massa. Tanto che oggi in Francia si fabbricano circa due milioni di veicoli leggeri all'anno, mentre in Italia ne facciamo meno della metà.

Bene. In attesa che il nostro governo batta un colpo, sul quotidiano francese Le Figaro è uscita un'interessante intervista al numero uno di Stellantis, Carlos Tavares, e al ministro dell'Economia Bruno Le Maire in cui si discute del futuro dell'industria francese dell'automobile. Dalle loro risposte si capisce quanto il settore sia valutato dalla politica transalpina: lo Stato aiuta la transizione verso l'elettrico e considera strategico creare delle gigafactory di batteria nel Paese.

Per esempio quando il giornalista ricorda ai due iterlocutori che a Douvrin, nel Pas-de-Calais, sabato c'è stata una manifestazione contro il trasferimento da parte di Stellantis della produzione di un motore a benzina in Ungheria, Tavares replica così: "Douvrin è un buon esempio della trasformazione che sta avvenendo nell'industria automobilistica e che abbiamo anticipato già nel 2014, per preparare la prevedibile fine della vita del motore termico in Europa. I siti che sono stati dedicati alla sua fabbricazione devono gradualmente passare alla catena di trazione elettrica, che rappresenta diversi miliardi di investimenti industriali e di ricerca e sviluppo in Francia. Questo movimento è in realtà un enorme trasferimento di attività in Francia poiché si tratta di motori elettrici, cambi, batterie, che da soli rappresentano il 35% del valore di un'automobile e che non importeremo più dall'Asia. Ed è a Douvrin che viene costruita, con il sostegno dei governi francese e tedesco, della regione Hauts-de-France, e in partnership con Total-Saft, la futura gigafactory del progetto Acc, le cui batterie entreranno in produzione nel 2023, frutto di un investimento di 5 miliardi di euro".

Una strategia chiara che, speriamo, venga replicata anche in Italia.

Sentite ora le parole del ministro: "L'automobile sta affrontando una radicale trasformazione tecnologica, la più grande in un secolo. Deve compiere questa transizione forzata, in un contesto economico di crisi. Non riusciremo in questa transizione facendo affidamento su tecnologie obsolete, ma facendo scelte innovative. Sappiamo che, entro il 2030, 50 mila posti di lavoro potrebbero scomparire, soprattutto in outsourcing. Da qui la nostra mobilitazione dal 2017 per preparare e garantire la riconversione. Il 26 aprile riuniremo tutte le parti interessate – tra cui Renault e Stellantis – preoccupate per il futuro delle nostre fabbriche. La qualità del nostro dialogo dipenderà dalla nostra capacità di costruire soluzioni pragmatiche. Ancora una volta, l'esempio delle batterie elettriche è emblematico: è di pari passo che lo Stato e gli attori privati sono riusciti a costruire un progetto per la nostra sovranità tecnologica: il progetto Acc".

Mobilitazione, sovranità, soluzioni pragmatiche: parole pesanti. Che diventano ancora più decise quando si parla di nuovi standard ecologici: "Sono in corso negoziati sul prossimo standard Euro 7. Cerchiamo di essere chiari: a questo punto, questo standard non ci soddisfa. Alcune delle proposte che circolano sono eccessive. I nostri costruttori non saranno in grado di tenere il passo. È quindi necessario continuare il lavoro. Inoltre, se scegliamo la nostra indipendenza producendo batterie elettriche a basso contenuto di CO2 in Europa, allora lo stesso requisito ambientale deve essere imposto alle batterie straniere. Non facciamo il gioco dei nostri concorrenti asiatici!" afferma il ministro francese, Il quale conclude annunciando che "entro la prossima estate, il 40% delle aree autostradali dovrà offrire stazioni di ricarica veloci".

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