Cuneo fiscale: perché il costo del lavoro è così alto e come il governo pensa di tagliarlo

"Già nel prossimo mese di ottobre arriverà una proposta". E' la promessa fatta ieri a Cernobbio dal ministro del Lavoro, Enrico Giovannini , che si è impegnato a tagliare il cuneo fiscale, cioè la differenza tra il costo del lavoro lordo, pagato delle imprese, e i salari netti percepiti dai dipendenti.

CUNEO FISCALE: COS'E' E COME RIDURLO

Quello del cuneo fiscale è ormai un problema atavico che purtroppo nessun governo, negli ultimi 10 anni, è riuscito davvero a risolvere. La differenza tra le retribuzioni lorde e nette dei dipendenti, infatti, in Italia è tra le più alte del mondo, come hanno messo in evidenza svariate volte le rilevazioni delle società di ricerca e delle associazioni di categoria. Valgano per tutte quelle del Consiglio Nazionale dei Consulenti del lavoro, secondo il quale un salariato con una busta paga netta di appena 1.300 euro al mese, costa in realtà alla sua azienda una cifra di oltre 2.700 euro, cioè più del doppio. Nel caso di uno stipendio netto di 2mila euro, invece, il costo del lavoro lordo sale addirittura a 4.500 euro.

Non è un mistero, infatti, che i salari italiani siano divorati da una montagna di tasse e di contributi, che pesano come un macigno alla fine del mese sui costi delle aziende e, seppur indirettamente, anche sulle tasche dei loro dipendenti. I contributi da versare all'Inps (per la previdenza e i sostegni alla disoccupazione), all'Inail (per le assicurazioni contro gli infortuni) e all'erario (per le imposte personali sul reddito come l'irpef) si mangiano più della metà della retribuzione e sottraggono molte risorse ai potenziali consumi delle famiglie e alla competitività delle aziende. Per questo, il cuneo fiscale va tagliato, anche se non è ancora ben chiaro come.

LE ALTE TASSE SUL LAVORO IN ITALIA

Da tempo, circola l'ipotesi che il governo si concentri soprattutto sui contributi Inail, rimodulando le aliquote dei versamenti che le aziende effettuano ogni anno a questo ente, il quale fornisce a milioni di nostri connazionali una protezione universale contro gli incidenti sul lavoro. Sarà difficile, però, abbattere il cuneo fiscale limitandosi ad agire soltanto su questa categoria di costi. A ben guardare, i salari degli italiani sono rosicchiati ogni mese da ben altre voci, soprattutto dai contributi per la pensione, che nessuno può o vuole ritoccare.

Per rendersi conto di quanto sia difficile dare un taglio al cuneo fiscale, basta esaminare le buste-paga di un dipendente che guadagna 15.600 euro all'anno, corrispondenti a 1.200 euro netti, compresa la tredicesima. Al lordo delle tasse e dei contributi, questo lavoratore costa all'azienda praticamente il doppio, cioè 31.200 euro. Una somma di oltre 6.500 euro è rappresentata dai contributi previdenziali e assistenziali da versare all'Inps, a cui si aggiungono altri 1.500 euro del Tfr (trattamento di fine rapporto) cioè la quota di salario accantonata tradizionalmente per la liquidazione o per la pensione integrativa. L'irpef, comprese le addizionali, pesa invece 3.500 euro annui, mentre la somma da versare ogni 12 mesi all'Inail per questo lavoratore è nell'ordine di 850 euro circa, cioè una media di poco più di 70 euro al mese. Si tratta di una voce non trascurabile, ma che rappresenta poco o nulla se messa a confronto con la montagna complessiva di tutte le tasse e i contributi.

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