Un pianeta sostenibile? Si può avere. Anche con l’aiuto dell’Africa

Rendere il nostro pianeta più sostenibile si può. Salvarlo pure. Ma un obiettivo così ambizioso non può essere realizzato dall’oggi al domani. Serve un percorso a tappe e soprattutto bisogna crederci. E le grandi aziende devono essere le prime a trascinare il cambiamento.

Un esempio virtuoso in questo senso è l’approccio di Eni. Il colosso dell’energia, infatti, prevede il raggiungimento della sua neutralità carbonica entro 2050, in linea con l’Agenda 2030 delle Nazioni Unite e gli obiettivi dell’Accordo di Parigi sul clima. «Per decarbonizzare la mobilità riteniamo utile un approccio olistico, basato sul principio della neutralità tecnologica, che combini tutte le soluzioni disponibili: biocarburanti, elettrico, biometano, idrogeno» spiega a Panorama Stefano Ballista, amministratore delegato di Eni Sustainable Mobility, la società di Eni dedicata alla mobilità sostenibile che ha l’obiettivo di fornire servizi e prodotti progressivamente decarbonizzati.

«Tra questi vettori energetici» prosegue Ballista «i biocarburanti hanno un ruolo fondamentale perché possono dare un contributo immediato alla riduzione delle emissioni. Per i biocarburanti, la riduzione delle emissioni deve essere considerata lungo tutto il ciclo di vita, considerando quindi che le materie prime utilizzate sono tutte di origine biogenica e in prevalenza derivate da scarti e residui di lavorazione: si tratta di economia circolare applicata alla transizione della mobilità».

Stefano Ballista, amministratore delegato di Eni Sustainable Mobility

Uno degli snodi più importanti per la transizione energetica è quindi la materia prima con cui si possono produrre i biocarburanti. «Eni ha siglato accordi e partnership che permettono di valorizzare gli scarti e i rifiuti utilizzandoli come feedstock per la produzione di biocarburanti» spiega Ballista. «In diversi paesi dell’Africa come Kenya, Congo, Angola, Mozambico, Costa d’Avorio, Ruanda stiamo sviluppando una rete di agri-hub in cui verranno prodotti di oli vegetali in grado di crescere in terreni marginali ed aree degradate e non in competizione con la filiera alimentare e al tempo stesso di creare opportunità di lavoro sul territorio» aggiunge il manager Eni. «Già a novembre 2022, dal Kenya è arrivato nella bioraffineria di Gela il primo carico di olio vegetale prodotto nell’agri-hub di Makueni, mentre a Venezia è arrivato il primo carico di oli di frittura esausti di cui si prevede arrivino fino a 5.000 tonnellate nel 2023».

L’espansione in questi paesi è necessaria per coprire gli obiettivi strategici di Eni che richiedono un’importante fornitura di materie prime diversificate. In questo senso Eni sta sviluppando la rete di agri-hub nei Paesi africani. Un’espansione che porta giovamento ai paesi coinvolti nel progetto sia in termini economici sia in termini di occupazione della popolazione. In Kenya Eni ha aperto il primo agri-hub nella Contea di Makueni, a luglio 2022, il cui impianto di spremitura ha una capacità di 15mila tonnellate/anno, cui ne seguirà un secondo nel corso del 2023 e altri negli anni successivi, per arrivare a un target di produzione di 200mila tonnellate al 2026. È pianificata per il 2023, inoltre, l’apertura di un impianto in Congo. L’obiettivo è ottenere 700.000 tonnellate di feedstock entro il 2026, creando allo stesso tempo opportunità di lavoro attraverso l’espansione delle attività agricole in terreni marginali e abbandonati senza entrare in competizione con la produzione alimentare.


agri-hub Eni in in Kenya nella Contea di Makueni


agri-hub Eni in in Kenya nella Contea di Makueni


agri-hub Eni in in Kenya nella Contea di Makueni


agri-hub Eni in in Kenya nella Contea di Makueni


agri-hub Eni in in Kenya nella Contea di Makueni


agri-hub Eni in in Kenya nella Contea di Makueni


agri-hub Eni in in Kenya nella Contea di Makueni


agri-hub Eni in in Kenya nella Contea di Makueni


agri-hub Eni in in Kenya nella Contea di Makueni


agri-hub Eni in in Kenya nella Contea di Makueni


agri-hub Eni in in Kenya nella Contea di Makueni


In particolare, l’attività agricola già in fase di implementazione riguarda lo sviluppo di colture oleaginose, come ad esempio il ricino (una pianta che cresce e produce i frutti, anche in contesti di siccità, da cui si estrae l’olio nell'agri-hub che può essere poi trasformato in biocarburante), oltre che l’avvio di progetti agricoli mirati e la raccolta di scarti e residui agricoli. I biocarburanti sono cruciali per decarbonizzare i trasporti pesanti, come aerei o navi, oltre che per alimentare veicoli di uso quotidiano come auto e moto

«I biocarburanti hanno un ruolo fondamentale perché possono dare un contributo immediato alla riduzione delle emissioni nel settore dei trasporti, anche nei suoi ambiti cosiddetti “hard to abate” come l’aviazione e la marina» spiega Stefano Ballista. «Il carburante per l’aviazione JET A1+Eni Biojet, che contiene il 20% di componente biogenica (commercializzato da fine 2022) ha anticipato la direzione indicata dall’UE ad aprile 2023 con ReFuelEU Aviation, il regolamento che stabilisce obiettivi di miscelazione dei carburanti tradizionali con carburanti più sostenibili in quantità crescenti che prevede il 2% minimo di SAF al 2025 e un aumento della quota ogni cinque anni fino a raggiungere il 70% al 2050» prosegue il manager.

«Eni è stata la prima al mondo ad aver riconvertito, nel 2014, una raffineria in bioraffineria, a Venezia. Nel 2019 è stata avviata Gela. Oggi la capacità di lavorazione autorizzata è di oltre un milione di tonnellate/anno, che diventeranno 3 milioni di tonnellate nel 2025 e oltre 5 milioni di tonnellate al 2030. Inoltre, Eni Sustainable Mobility ha firmato un accordo con PBF per l’ingresso in una joint venture al 50:50, la St. Bernard Renewables LLC, per una bioraffineria oggi in fase di avviamento a Chalmette, in Louisiana (Stati Uniti d’America), e sta studiando la possibile realizzazione di ulteriori due nuove bioraffinerie: una all’interno del sito industriale Eni di Livorno, e una a Pengerang, in Malesia».

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