Elena Ferrante. Parole chiave

Di cosa si parla quando si parla della quadrilogia dell’Amica genialedi Elena Ferrante? Sicuramente di una materia polimorfa, che ha appassionato un target di lettori estremamente trasversale, accostando forme di narrazione differenti in un trionfo indiscusso del romanzesco. Parlare della quadrilogia di Ferrante è complesso, per la materia vastissima che abbraccia (la Napoli labirintica, specchio del vecchio e del nuovo, la fotografia di oltre mezzo secolo di storia d’Italia, la costante riflessione sull’identità femminile, sul femminismo, sulla dialettica tra le donne e il mondo – l’Italia), per la strategia narrativa e la pluralità di registri narrativi e stilistici.

A dare una forma alla “frantumaglia” dell’Amica geniale prova – e ci riesce con puntualità – con il testo critico Elena Ferrante. Parole chiave (e/o, 2018) Tiziana De Rogatis, docente e studiosa delle costruzioni del femminile.

Una storia femminile

Le “parole chiave”, sono, come scrive la stessa De Rogatis nell’Introduzione, “il lessico di una storia femminile tra minorità ed emancipazione, in grado di delineare una totalità e le sue fratture: un racconto al tempo stesso intimo e sociale”.
Il titolo, tuttavia, non dà a mio parere giustizia all’immenso lavoro critico di De Rogatis, fuorviando il lettore che potrebbe pensare di trovarsi davanti a una mera catalogazione di temi, e non alla densa indagine proposta invece dal saggio.
Il testo, infatti, parte dalla constatazione delle più immediate implicazioni femministe, per poi affrontare in sette lunghi capitoli tutti gli aspetti cardine della quadrilogia, con riferimenti anche alla precedente produzione letteraria di Ferrante.

L’analisi critica di De Rogatis apre dunque dalla narrazione dell’Amica geniale, dalla creazione da parte di Ferrante di un nuovo epos femminile, in cui feuilleton, melodramma e rigore romanzesco convivono per assecondare la complessa parabola delle protagoniste e le diverse strutture socio-culturali che attraversano nel loro percorso. La costruzione di un intreccio che in continuazione – e fino alla fine – cattura il lettore per frustrarne ogni aspettativa e riafferarlo prima che cada, un surf letterario, si potrebbe dire, che riesce a coinvolgere lettori più o meno forti nonostante la parabola di una delle due protagoniste (Lenù), che si muove in un mondo intellettuale e letterario estremamente specifico.

De Rogatis continua poi su altre – e pressanti – questioni cardine: l’amicizia femminile; il rapporto con la figura materna; la labirintica e attuale rappresentazione di Napoli, il confronto tra la situazione di chi va (Lenù) e quella di chi resta (Lila), due poli che spesso si confondono, così Napoli riemerge nella solitudine della studentessa fuorisede e l’italiano forbito diventa nelle dinamiche del rione arma sottile e spietata; la violenza che plasma il carattere delle protagoniste, le loro rivalse e le loro paure, fin dal primo volume della quadrilogia (la vicenda di don Achille, per esempio, o quella di Lila ferita da suo padre), per concludere con la Storia, quella dell’Italia, che Ferrante fa interagire sapientemente con quella, così privata eppure così riconoscibile, delle sue protagoniste.

E al centro di tutto è sempre il tempo, quello “messo in scena dalla finzione letteraria” che, scrive sempre De Rogatis in conclusione, secondo Ricoeur è “l’unica esperienza cronologica che l’uomo possieda”. Ferrante rende percepibile questa temporalità, la rende circolare grazie alla riproposizione di dinamiche – tra Lila e Lenù come tra le due amiche e l’esterno – che si ripropongono attraverso gli anni in un terno ritorno dell’uguale, per sancirla infine con la decisiva restituzione delle bambole alla fine del quarto volume. Tutta la quadrilogia, d’altronde, si regge su una struttura temporale precisissima, che si sviluppa dalle cornici narrative alla trama, attraversa i grandi avvenimenti della nostra storia e le vite dei personaggi, accenna, scappa, ritorna, aggroviglia, e infine dipana senza dare una risposta. D’altronde, se la lettura davvero riesce a imitare con successo la vita, di risposte non ne può dare.

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