Efsf, quanta fatica per dire “fondo salvastati”

Uno scioglilingua. Con la pronuncia resa pressoché impossibile anche ai logorroici  più incalliti, quelli in grado di pronunciare 99 parole al minuto, o anche più, e che vorresti non incontrare mai. Ma in questo caso conviene fare una eccezione. E magari esercitarsi. Alla pronuncia, s’intende. È l’Efsf, ossia l’European financial stability facility, la sigla da imparare. Più noto come fondo salva-Stati, è stato istituito nel maggio 2010 dall’Unione europea. Obiettivo: salvaguardare la stabilità finanziaria dei 17 Paesi aderenti alla zona euro. E con i tempi che corrono meglio tenerne conto.

Con una particolarità: il fondo non dispone di quattrini propri, ma solo di garanzie da parte di tutti gli Stati Ue. Risultato: per reperire le risorse necessarie ad aiutare i Paesi in difficoltà deve emettere titoli, obbligazioni. Per intenderci: deve indebitarsi sul mercato. Il fondo vende i titoli garantiti dagli Stati, gli investitori li comprano e versano soldi nelle casse di Efsf. Che, a sua volta, li gira agli Stati che ne hanno bisogno. Efsf gode della massima fiducia di tutte le agenzie internazionali di rating. Per Standard’s & Poor’s, Fitch e Moody’s, queste le realtà più importanti, è degno del giudizio massimo: la tripla A.

Questo significa che non dovrebbe avere difficoltà nel trovare soldi ogni volta che ne ha bisogno. Ma il condizionale è d’obbligo. Il Consiglio europeo del 26 ottobre ha optato per il potenziamento del fondo con una capacità d’intervento a quota mille miliardi di euro, più del doppio rispetto a quella attuale (440 miliardi di euro). Ma resta ancora da capire come si arriverà a quella soglia. È curioso segnalare che l’Efsf in realtà è una società di diritto lussemburghese con sede in Avenue John F. Kennedy 43 in Lussemburgo. Il presidente è l’economista tedesco Klaus Regling, ex Fondo Monetario Internazionale con incarichi a Washington e a Jakarta.

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