Ecco la vera storia degli italiani finiti (e morti) nei gulag di Stalin

Quante sono state le vittime italiane delle repressioni staliniane nell’Unione Sovietica? Nonostante decenni di difficili ricerche, finora poco o nulla si sapeva. A parte il tragico capitolo dei circa 64mila prigionieri di guerra, soprattutto alpini dell’Armata italiana in Russia, 40mila dei quali morti nei Gulag, non è mai stato prodotto nemmeno un numero esatto. Oggi, finalmente, un libro fa piena luce su questa pagina inquietante della storia contemporanea, e propone cifre accurate: gli italiani vittime dello stalinismo sarebbero stati almeno 822 tra comunisti, antifascisti, anarchici ed estremisti di sinistra emigrati nell’Urss, 149 dei quali vennero fucilati. Altri 78 furono incarcerati e 31 vennero fucilati durante le purghe staliniane, mentre nel solo 1942 altri 1.200-1.500 italiani di Crimea furono deportati nei gulag del Kazakistan, e fecero la stessa fine altri 41 italiani residenti in altre zone dell’Urss, 18 dei quali vennero fucilati.

Di loro parla Il libro nero degli italiani nei gulag di Stalin (Leg edizioni, 578 pagine, 24 euro), un saggio curato da Francesco Bigazzi – giornalista, per anni corrispondente da Mosca e grande esperto di Russia e di questa materia - che per la prima volta pubblica le 822 schede nominative complete degli italiani finiti nei gulag o fucilati e racconta le storie di altri 87 connazionali passati attraverso quel cupo periodo, fornendo anche l’elenco dei nomi di 715 tra gli italiani di Crimea deportati.

Comunisti e anarchici italiani emigrati in Urss per sfuggire al fascismo prima della Seconda guerra mondiale, un numero elevato dei quali era scampato alle condanne dei tribunali speciali fascisti, sono stati spesso travolti da un destino paradossale. «Oggi», scrive Bigazzi, «possiamo dimostrare che le condanne a morte dei nostri antifascisti furono ben più numerose in Unione Sovietica sotto Stalin, che non in Italia sotto Mussolini».

Lo stesso destino doloroso hanno conosciuto centinaia di cittadini sovietici di origine italiana che da decenni (in alcuni casi da secoli) si erano stabiliti in Crimea, nel Kazakistan del Nord, nel Caucaso, nei Carpazi o in Ucraina: sono stati tutti deportati, spazzati via dal terrore staliniano, sottoposti a torture e privazioni inimmaginabili solo perché erano originari di un Paese che era sceso in guerra con l’Urss. Scrive Bigazzi: «Commovente, in certi casi estremamente sofferto, è stato scoprire il destino delle compagne di lotta, delle conviventi, delle mogli e delle figlie dei leader politici rimasti stritolati nella macchina del terrore staliniano. Molte hanno seguito i loro cari nei gulag, hanno condiviso sofferenze disumane e privazioni inimmaginabili… e poi sono state lasciate sole a un destino che è stato il prolungamento del dolore assoluto».

Arricchito dai testi di storici, giornalisti e analisti del tema, da Dario Fertilio a Ugo Intini, da Stefano Mensurati ad Anatoli Razumov, il saggio denuncia anche il vergognoso silenzio con cui il Partito comunista italiano per decenni e decenni ha coperto questa vera e propria «strage di compagni», realizzata in nome della totale dipendenza del Pci da Mosca. Leggere una dopo l’altra le storie delle povere vittime lascia un gusto amaro: è una strana, ma istruttiva, Antologia di Spoon River dell’ ideologia più velenosa e criminale nella Storia.

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